Il Codice del consumo, con riferimento al commercio elettronico all’art. 68, rinvia al d.Lgs. n. 70/2003: “Alle offerte di servizi della società dell’informazione, effettuate ai consumatori per via elettronica, si applicano, per gli aspetti non disciplinati dal presente codice, le disposizioni di cui al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70, recante attuazione della direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno”.
Il D. Lgs. 9 aprile 2003 n. 70 ha recepito la direttiva comunitaria n. 2000/31/CE, la c.d. “Direttiva sul commercio elettronico”
La normativa detta una disciplina generale per qualsiasi tipo di servizio fornito in via elettronica sia nel settore del c.d. B2C (Business to Consumer) sia nel settore del B2B (Business to Business).
Il decreto si applica alla “persona fisica o giuridica che presta un servizio della società dell’informazione” e a qualsiasi ”destinatario del servizio”, inteso come il “soggetto che, a scopi professionali e non, utilizza un servizio internet per ricercare o rendere accessibili informazioni” (art. 2). Rimane escluso dall’applicazione anche il settore Consumer to Consumer.
Il Business to Consumer è il modello più noto di commercio elettronico e riguarda l’acquisto di beni e servizi da parte del consumatore finale. Invece, nel caso del modello Consumer to Consumer il sito gestisce l’ambiente in cui gli utenti interagiscono e gli importi delle transazioni sono piuttosto contenuti, dato che di solito si scambia un sono articolo per volta. Le modalità di regolazione della transazione sono stabilite dal venditore e dall’acquirente.
Il commercio regolato dal decreto è perciò quello in cui la vendita avviene tra professionista e consumatore.
Sono escluse dal campo di applicazione alcune attività specifiche quali, tra le altre, il gioco d’azzardo, i rapporti con l’amministrazione finanziaria, il settore delle telecomunicazioni (art. 1).
Le norme del codice a cui fare riferimento sono quelle relative ai contratti a distanza e ai contratti negoziati fuori dei locali commerciali – artt. Da 49 a 59.
L’art. 45 definisce, inter alia, i contratti a distanza e i contratti negoziati fuori dai locali commerciali.
Il contratto a distanza è “qualsiasi contratto concluso tra il professionista e il consumatore nel quadro di un regime organizzato di vendita o di prestazione di servizi a distanza senza la presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, mediante l’uso esclusivo di uno o più mezzi di comunicazione a distanza fino alla conclusione del contratto, compresa la conclusione del contratto stesso” (art. 45, co. 1, lett. g), Cod. Cons.).
Il "contratto negoziato fuori dei locali commerciali" è “qualsiasi contratto tra il professionista e il consumatore: 1) concluso alla presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore, in un luogo diverso dai locali del professionista; 2) per cui e' stata fatta un'offerta da parte del consumatore, nelle stesse circostanze di cui al numero 1; 3) concluso nei locali del professionista o mediante qualsiasi mezzo di comunicazione a distanza immediatamente dopo che il consumatore e' stato avvicinato personalmente e singolarmente in un luogo diverso dai locali del professionista, alla presenza fisica e simultanea del professionista e del consumatore; oppure; 4) concluso durante un viaggio promozionale organizzato dal professionista e avente lo scopo o l'effetto di promuovere e vendere beni o servizi al consumatore;” (art. 45, co. 1, lett. h), Cod. Cons.).
I" locali commerciali" sono individuati in 1) qualsiasi locale immobile adibito alla vendita al dettaglio in cui il professionista esercita la sua attività su base permanente; oppure; 2) qualsiasi locale mobile adibito alla vendita al dettaglio in cui il professionista esercita la propria attività a carattere abituale.
I contratti possono riguardare anche un "contenuto digitale" e cioè i dati prodotti e forniti in formato digitale; un "servizio finanziario": qualsiasi servizio di natura bancaria, creditizia, assicurativa, servizi pensionistici individuali, di investimento o di pagamento. Le norme si applicano anche all"asta pubblica": metodo di vendita in cui beni o servizi sono offerti dal professionista ai consumatori che partecipano o cui è data la possibilità di partecipare all'asta di persona, mediante una trasparente procedura competitiva di offerte gestita da una casa d'aste e in cui l'aggiudicatario e' vincolato all'acquisto dei beni o servizi.
Per quanto riguarda dunque il commercio elettronico, è chiaro che si parla di contratti stipulati a distanza.
Il D.Lgs. 70/2003 ha innanzitutto escluso che l'accesso all'attività di un prestatore di un servizio della società dell'informazione e il suo esercizio siano soggetti, in quanto tali, ad autorizzazione preventiva o ad altra misura di effetto equivalente.
E’ noto che “Sono fatte salve le disposizioni sui regimi di autorizzazione che non riguardano specificatamente ed esclusivamente i servizi della società dell'informazione o i regimi di autorizzazione nel settore dei servizi delle telecomunicazioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 19 settembre 1997, n. 318, dalla cui applicazione sono esclusi i servizi della società dell'informazione.”
Per cui ciò significa che per avviare l’attività occorre procedere ai classici adempimenti necessari per l’intrapresa di qualsiasi attività di impresa: iscrizione alla Camera di Commercio (tramite ComUnica) e presentazione della SCIA allo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) del Comune nel quale ha la sede. Inoltre occorre comunicare all’Agenzia delle Entrate l’indirizzo del sito Web, i dati identificativi dell’Internet Service Provider, l’indirizzo di posta elettronica, il numero di telefono e di fax. La vendita a operatori economici di altro Paese UE prevede anche l’iscrizione nella banca dati VIES (Vat Information Exchange System).
Il D.Lgs. 70/2003 ha introdotto l’obbligo di inserire alcune informazioni generali sul sito web (art. 7- Informazioni generali obbligatorie -):
Il prestatore, in aggiunta agli obblighi informativi previsti per specifici beni e servizi, deve rendere facilmente accessibili, in modo diretto e permanente, ai destinatari del servizio e alle Autorita' competenti le seguenti informazioni:
a) il nome, la denominazione o la ragione sociale;
b) il domicilio o la sede legale;
c) gli estremi che permettono di contattare rapidamente il prestatore e di comunicare direttamente ed efficacemente con lo stesso, compreso l'indirizzo di posta elettronica;
d) il numero di iscrizione al repertorio delle attivita' economiche, REA, o al registro delle imprese;
e) gli elementi di individuazione, nonche' gli estremi della competente autorita' di vigilanza qualora un'attivita' sia soggetta a concessione, licenza od autorizzazione;
f) per quanto riguarda le professioni regolamentate:
1) l'ordine professionale o istituzione analoga, presso cui il prestatore sia iscritto e il numero di iscrizione;
2) il titolo professionale e lo Stato membro in cui e' stato rilasciato;
3) il riferimento alle norme professionali e agli eventuali codici di condotta vigenti nello Stato membro di stabilimento e le modalita' di consultazione dei medesimi;
g) il numero della partita IVA o altro numero di identificazione considerato equivalente nello Stato membro, qualora il prestatore eserciti un'attivita' soggetta ad imposta;
h) l'indicazione in modo chiaro ed inequivocabile dei prezzi e delle tariffe dei diversi servizi della societa' dell'informazione forniti, evidenziando se comprendono le imposte, i costi di consegna ed altri elementi aggiuntivi da specificare;
i) l'indicazione delle attivita' consentite al consumatore e al destinatario del servizio e gli estremi del contratto qualora un'attivita' sia soggetta ad autorizzazione o l'oggetto della prestazione sia fornito sulla base di un contratto di licenza d'uso.
Il prestatore deve aggiornare le informazioni di cui al comma 1.
Per quanto riguarda, infatti, gli obblighi informativi – ampiamente previsti all’art. 49 del Codice del consumo – si stabilisce che questi si aggiungono a quelli del D.Lgs. n. 70/2003 (co. 8) e, con specifico riferimento al “contenuto e le modalità di rilascio delle informazioni” prevalgono quelle del codice del consumo (co. 9).
Inoltre, il prestatore di servizi, è tenuto a fornire ai clienti oltre all’e-mail altre informazioni che consentano una comunicazione diretta ed efficace. Non necessariamente un canale diretto di comunicazione (un numero di telefono), ma almeno una maschera di richiesta di informazioni elettronica.
L’art. 51 del Codice del consumo prende in esame il sistema del “point and click”, ossia della prassi di sostituire una dichiarazione espressa di consenso con la digitazione di un “tasto virtuale”, con la frase “aderisco” o “accetto”, per chiarire che deve essere chiaro quale sia l’azione che si sta compiendo.
Al momento di inoltrare l’ordine il professionista deve garantire che il consumatore abbia ben chiaro che l’atto che sta compiendo implica una obbligazione di pagamento. “Se l’inoltro dell’ordine implica di azionare un pulsante o una funzione analoga, il pulsante o la funzione analoga riportano in modo facilmente leggibile soltanto le parole “ordine con obbligo di pagare” o una formulazione corrispondente inequivocabile indicante che l’inoltro dell’ordine implica l’obbligo di pagare il professionista”.
Qualora il professionista si comporti disattendendo queste prescrizioni, il consumatore non è vincolato dal contratto o dall’ordine. Ha quindi diritto – se ha pagato – alla restituzione di quanto versato, e può agire per il risarcimento del danno.
Con esplicito riferimento al commercio elettronico, l’art. 51, co. 3, stabilisce che i siti web destinati al commercio elettronico “indicano in modo chiaro e leggibile, al più tardi all’inizio del processo di ordinazione, se si applicano restrizioni relative alla consegna e quali mezzi di pagamento sono accettati”.
Inoltre,sul sito, l’operatore è obbligato a fornire tutte le informazioni necessarie alla conclusione del contratto:
a) le varie fasi tecniche da seguire per la conclusione del contratto;
b) il modo in cui il contratto concluso sara' archiviato e le relative modalita' di accesso;
c) i mezzi tecnici messi a disposizione del destinatario per individuare e correggere gli errori di inserimento dei dati prima di inoltrare l'ordine al prestatore;
d) gli eventuali codici di condotta cui aderisce e come accedervi per via telematica;
e) le lingue a disposizione per concludere il contratto oltre all'italiano;
f) l'indicazione degli strumenti di composizione delle controversie.
Le clausole e le condizioni generali del contratto proposte al destinatario devono essere messe a sua disposizione in modo che gli sia consentita la memorizzazione e la riproduzione.
Il siti di commercio elettronico devono indicare in modo chiaro e leggibile, al più tardi all’inizio del processo di ordinazione, se si applicano restrizioni relative alla consegna e quali mezzi di pagamento sono accettati (co. 3).
Inoltre, il sito, in applicazione dell’art. 35 del Decreto IVA (D.P.R. 633/1972), deve contenere nella home page in maniera visibile la partita IVA. L’indicazione della partita IVA è necessaria anche sui siti meramente pubblicitari - c.d. siti vetrina (Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 60/2006).
L’art. 2250 comma 7 c.c. impone alle società di capitali di indicare anche sul sito web aziendale:
sede legale, ufficio registro delle imprese e numero di iscrizione; capitale sociale sottoscritto e versato; l’eventuale stato di messa in liquidazione, l’eventuale esistenza di un socio unico.
In base all’art. 21 del D. Lgs. 70/2003, la mancata indicazione sul sito web aziendale delle informazioni generali obbligatorie è punita, salvo che il fatto costituisca reato, con il pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da € 103,00 a € 10.000,00.
Il D.Lgs. 70/2003 disciplina anche le comunicazioni commerciali elettroniche intese come “tutte le forme di comunicazione destinate, in modo diretto o indiretto, a promuovere beni, servizi o l’immagine di un’impresa, di un’organizzazione o di un soggetto che esercita un’attività agricola, commerciale, industriale, artigianale o una libera professione”
In ordine alle comunicazioni commerciali, l’art. 8 prevede che le comunicazioni commerciali che costituiscono un servizio della società dell'informazione o ne sono parte integrante, devono contenere, sin dal primo invio, in modo chiaro ed inequivocabile, una specifica informativa, diretta ad evidenziare:
a) che si tratta di comunicazione commerciale;
b) la persona fisica o giuridica per conto della quale e' effettuata la comunicazione commerciale;
c) che si tratta di un'offerta promozionale come sconti, premi, o omaggi e le relative condizioni di accesso;
d) che si tratta di concorsi o giochi promozionali, se consentiti, e le relative condizioni di partecipazione.
Le comunicazioni commerciali non sollecitate trasmesse da un prestatore per posta elettronica devono, in modo chiaro e inequivocabile, essere identificate come tali fin dal momento in cui il destinatario le riceve e contenere l'indicazione che il destinatario del messaggio può opporsi al ricevimento in futuro di tali comunicazioni (sistema del c.d. opt-out).
L'impiego di comunicazioni commerciali che costituiscono un servizio della societa' dell'informazione o ne sono parte, fornite da chi esercita una professione regolamentata, deve essere conforme alle regole di deontologia professionale e in particolare, all'indipendenza, alla dignità, all'onore della professione, al segreto professionale e alla lealtà verso clienti e colleghi (art. 10 decreto).
Restano peraltro salve, in quanto prevalenti, le specifiche discipline dettate dal Codice Privacy e dal Codice del Consumo.
Una volta ricevuto in via telematica l’ordine da parte del cliente, è necessario, senza ingiustificato ritardo e per via telematica, inviare al cliente una ricevuta dell’ordine (art. 13).
La ricevuta dovrà contenere un riepilogo delle condizioni contrattuali, le informazioni essenziali sul bene o sul servizio, l’indicazione del prezzo, dei mezzi di pagamento, del recesso, dei costi di consegna e dei tributi applicabili.
L’art. 61 cod. cons., rubricato “consegna” non regolamenta solo il termine di consegna ma anche le conseguenze circa questo inadempimento da parte del professionista.
Sulla base della suddetta disposizione, il professionista è obbligato – salva diversa pattuizione – a consegnare i beni al consumatore senza ritardo ingiustificato e al più tardi entro trenta giorni dalla data di conclusione del contratto. L’obbligazione è adempiuta “mediante il trasferimento della disponibilità materiale o comunque del controllo dei beni al consumatore”.
Il termine non è evidentemente inteso come “essenziale” e il consumatore ha la possibilità di attribuire un tempo “supplementare” da considerarsi essenziale. Il meccanismo è analogo alla diffida ad adempiere di cui all’art. 1454 c.c.
Il decorso del termine con la mancata consegna provoca, quale conseguenza, la risoluzione di diritto del contratto con il diritto del consumatore ad ottenere dal professionista il rimborso, senza indebito ritardo, di tutte le somme versate in esecuzione del contratto, nonché il risarcimento del danno.
L’art. 61 si chiude con il rinvio, a vantaggio del consumatore, delle regole ed i diritti stabiliti dal codice civile sulla risoluzione del contratto (artt. 1453-1469) che fanno riferimento anche ad altre “vicende” circa l’adempimento, ossia l’impossibilità sopravvenuta e l’eccessiva onerosità.
Queste norme approntano una tutela speciale al consumatore nei casi di contratti conclusi a distanza o fuori dai locali commerciali rispetto a quella prevista dalle norme del codice civile. L’art. 1510, co. 2, c.c. prevede che il venditore si libera dagli obblighi derivanti dalla consegna nel momento in cui consegna i beni allo spedizioniere. Ai sensi degli artt. 1510 e 1465 c.c. l’acquirente ha l’obbligo di pagare comunque il prezzo in caso di perimento per cause non imputabili al venditore della cosa venduta come, ad esempio, in caso di smarrimento o danneggiamento della spedizione.
Per questo tipo di contratti – ai sensi del codice del consumo, invece è previsto che il rischio della perdita o del danneggiamento dei beni, per causa non imputabile al venditore, si trasferisce al consumatore soltanto nel momento in cui quest’ultimo, o un terzo da lui designato e diverso dal vettore, entra materialmente in possesso dei beni.
Infine, per la contrattazione via web (o comunque elettronica) l’art. 52 cod. cons. stabilisce che il consumatore ha a disposizione 14 giorni per recedere da un contratto a distanza o negoziato fuori dei locali commerciali “senza dover fornire alcuna motivazione” e senza, normalmente, dover sostenere dei costi per l’esercizio del diritto.
Qualora il contratto riguardi la somministrazione di beni durante un certo periodo di tempo, attuata tramite la consegna periodica di detti beni, il termine per il recesso decorre dal giorno in cui il consumatore acquisisce il possesso fisico del primo bene.
Quando si tratta, invece di servizi, nella difficoltà di segnare il momento esatto in cui il consumatore vi “accede” e, quindi non lasciare il professionista in una sostanziale incertezza, la decorrenza è fissata dal giorno della conclusione del contratto.
Lo stesso vale per la fornitura di acqua, gas, elettricità (non messi in vendita in volume o quantità determinata), per il teleriscaldamento e, infine, per i contenuti digitali fruiti direttamente on line (o, come indica la disposizione, “non fornito su supporto materiale”).
In pendenza del termine per il recesso, il contratto tra le parti non è “paralizzato” e le parti possono adempiere ai rispettivi obblighi, fatto salvo il caso di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, rispetto ai quali il professionista non può accettare, a titolo di corrispettivo, effetti cambiari che abbiano una scadenza inferiore a 15 giorni (dalla conclusione del contratto se riguarda servizi, ovvero dal giorno di acquisizione del possesso fisico se riguarda beni) né può presentarli all'incasso prima che sia decorso il tempo previsto per la decisione del recesso.
L’art. 53, co. 1, prevede una “sanzione” qualora il professionista abbia omesso, secondo gli obblighi fissati all’art. 49, co. 1, lett. h), di indicare le informazioni sul diritto di recesso. In questo caso il termine di 14 giorni che il consumatore avrebbe avuto viene ulteriormente elevato con 12 mesi aggiuntivi. Se entro il termine di 12 mesi dalla data in cui sarebbe decorso il diritto di recesso (di cui il consumatore non è stato informato), il professionista fornisce al consumatore le informazioni dovute, dal giorno dopo di quello di detta comunicazione decorrono 14 giorni.
Si segnala infine, l’opportunità di indicare chiaramente sul sito la possibilità per il consumatore di rivolgersi ad un organismo di risoluzione online. Ci sono piattaforme di risoluzione delle controversie nell'Unione Europea molto semplici da utilizzare per reclami che riguardano prodotti o servizi acquistati online.
L’utente sceglie un organismo di risoluzione per trattare il reclamo. Ogni organismo di risoluzione ha le proprie regole e procedure. Generalmente sono più semplici, più veloci e meno costose del ricorso alle vie legali.