Se il bambino è stato riconosciuto solo dalla madre, questa potrà agire giudizialmente per richiedere che sia accertata la paternità naturale promuovendo un’azione avanti al Tribunale ordinario.
La domanda si presenta con atto di citazione convenendo in giudizio il presunto padre del bambino.
Secondo la Cassazione, la sentenza che accerta il rapporto di paternità naturale attribuisce lo status di "figlio" retroattivamente fin dal momento della nascita, secondo quanto previsto dagli artt. 147 e 148 cod. civ..
Di conseguenza, secondo la Cassazione, è dal momento della nascita che il neo-dichiarato genitore ha l’obbligo di rimborsare all'altro genitore (che abbia sempre mantenuto da solo il figlio) la quota di mantenimento di sua competenza.
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 17140 del 11 luglio 2017 ha precisato che tale rimborso ha natura “indennitaria”, “essendo diretto ad indennizzare il genitore, che ha riconosciuto il figlio, per gli esborsi sostenuti da solo per il suo mantenimento”.
Pertanto, ciò significa che per determinare la misura della quota da rimborsare si può fare riferimento “all'ammontare dell'assegno di mantenimento dovuto in ipotesi di separazione”, tenendo conto dei redditi del padre e nel rispetto del “principio secondo cui le potenzialità economiche del genitore convivente col figlio concorrono a garantirgli un soddisfacimento delle sue esigenze di vita, ma non comportano una proporzionale diminuzione del contributo posto a carico dell'altro genitore”.
Oltre all'obbligo del rimborso al genitore che dalla nascita ha provveduto al mantenimento del figlio, spetta al minore il risarcimento del danno per il “disinteresse” mostrato dal genitore che non l’abbia riconosciuto e la cui paternità sia stata dichiarata con sentenza.
Nel primo caso – quello del rimborso -, legittimata è la madre e si tratta di un diritto di credito (per spese sostenute) soggetto a prescrizione decennale.
La prescrizione va dunque interrotta con richiesta del rimborso con raccomandata o pec.
Invece, nel caso del risarcimento, legittimato alla richiesta è il figlio minore.
Il Tribunale di Cassino, con sentenza n. 832 del 15.06.2016 ha condannato un padre totalmente assente a risarcire il danno al figlio, statuendo che a, il figlio naturale ha il diritto ad instaurare un rapporto affettivo con il padre.
La madre aveva citato il padre chiedendone la condanna per i danni morali subiti dalla minore “per l'abbandono morale e materiale imputabile al padre” che si era “sempre disinteressato della figlia che non aveva neppure mai incontrato”, quantificandoli in € 100.000.
Il Tribunale ha condannato il padre al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dalla minore, (quantificati in € 52.000) richiamando nella propria decisione la sentenza n. 27653 del 2011 della Corte di Cassazione, precisando che “l'obbligo del genitore naturale di concorrere al mantenimento del figlio nasce proprio al momento della sua nascita, anche se la procreazione sia stata successivamente accertata con sentenza” e che “la sentenza dichiarativa della filiazione naturale (…) produce gli effetti del riconoscimento comportando per il genitore, ai sensi dell'art. 261 cod. civ., tutti i doveri propri della procreazione legittima, incluso quello del mantenimento ai sensi dell'art. 148 cod. civ.”.
In sostanza, ciò significa che il genitore è tenuto a mantenere il figlio anche se questo è nato fuori dal matrimonio e la paternità sia stata accertata con sentenza: tale sentenza, infatti, produce gli stessi effetti di un vero e proprio riconoscimento, facendo sorgere in capo al dichiarato genitore l’obbligo di mantenimento fin dal momento della nascita del figlio.
Pertanto, facendo leva su tale principio, il giudice evidenziava come “il disinteresse dimostrato da un genitore nei confronti di un figlio determina (…) un'immancabile ferita di quei diritti nascenti dal rapporto di filiazione, che trovano nella carta costituzionale (in part., artt. 2 e 30), e nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento un elevato grado di riconoscimento e di tutela”.
Di conseguenza, secondo il giudice, “la privazione della figura genitoriale paterna, quale punto di riferimento fondamentale soprattutto nella fase della crescita”, integrava “un fatto generatore di responsabilità aquiliana c.d. endofamiliare”, che determina la risarcibilità dei danni non patrimoniali, ai sensi dell’art. 2059 cod. civ.. Nella specie, era stato provato nel corso del procedimento che il padre si era limitato a vedere la figlia in rarissime occasioni, dietro palese sollecitazione del Giudice, ma non facendo nulla per instaurare un normale legame affettivo” con la stessa, tanto da essere, nella vita della minore, una “figura sostanzialmente del tutto assente”.