Nel caso di separazione e divorzio, così come anche in caso di crisi delle coppie di fatto non sposate e, quindi, per i figli nati fuori dal matrimonio, la regola è quella dell’affido dei figli ad entrambi i genitori.
Infatti, mentre prima della riforma, normalmente i figli venivano affidati alla madre, in base all'attuale legge n. 54/2006 la regola è quella dell’affidamento condiviso dei figli minori.
L’affidamento riguarda i diritti/doveri dei genitori sui figli.
Pertanto:
1. la responsabilità genitoriale sarà esercitata da entrambi i genitori (non si parla più di potestà, ma di responsabilità);
2. le decisioni di maggiore importanza per i figli vengono adottate di comune accordo tra i genitori mentre quelle di minore importanza possono essere prese separatamente da ciascuno dei due;
3. il principio anche in tema di mantenimento è quello diretto del figlio da parte di ciascun genitore. Qualora ciò, però, non sia opportuno o possibile, il giudice dispone che uno dei due coniugi versi, in favore del figlio, un assegno di mantenimento mensile.
E’ previsto che, prima di disporre l’affidamento, il giudice ascolti il minore di età superiore a 12 anni. L’ascolto dei minori - che abbiano compiuto i dodici anni, o anche di età inferiore se capaci di discernimento - nei giudizi in cui si devono adottare provvedimenti che li riguardano è oggi regolato, nell'ordinamento civile italiano, dagli artt. 315 bis, comma III, 336 bis e 337 octies, cod. civ., introdotti dalla legge 219 /2012 e dal d.lgs. 154/2013.
Il Giudice oltre a provvedere sull'affidamento, decide in ordine al collocamento del minore, cioè dove il minore deve andare a vivere e stabilire la propria residenza.
L’affidamento condiviso, infatti, non significa che il figlio debba dividersi tra la casa del padre e quella della madre. A contrario, in alcune sentenze si è previsto che i minori rimangano nella stessa casa e siano i genitori ad alternarsi.
Di norma, invece, il minore viene affidato ad entrambi i genitori e collocato presso la madre (o uno dei due) e il padre (ovvero l’altro genitore) avrà le facoltà più ampie possibili di vederlo e frequentarlo.
I tempi di permanenza presso il genitore non collocatario e il diritto di visita di questi, vengono disciplinati dal Giudice e possono essere limitati od anche disconosciuti (nel senso di poter essere sospeso) dal Giudice ove ricorrono gravi e comprovate ragioni di incompatibilità del suo esercizio con la salute psico-fisica del minore (Cass. Civ. Sez. I 9.7.1989 n.3249; Cass. Civ. Sez.I 22.9.1999 n.6312).
La norma di riferimento è l’art. 337 ter cod. civ.: Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Per realizzare la finalità indicata dal primo comma, nei procedimenti di cui all'articolo 337 bis c.c., il giudice adotta i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all'interesse morale e materiale di essa. Valuta prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all'istruzione e all'educazione dei figli. Prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori. Adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, ivi compreso, in caso di temporanea impossibilità di affidare il minore ad uno dei genitori, l'affidamento familiare. All'attuazione dei provvedimenti relativi all'affidamento della prole provvede il giudice del merito e, nel caso di affidamento familiare, anche d'ufficio. A tal fine copia del provvedimento di affidamento è trasmessa, a cura del pubblico ministero, al giudice tutelare. La responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli relative all'istruzione, all'educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell'inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento.
Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità, da determinare considerando:
- le attuali esigenze del figlio.
- il tenore di vita goduto dal figlio in costanza di convivenza con entrambi i genitori.
- i tempi di permanenza presso ciascun genitore.
- le risorse economiche di entrambi i genitori.
- la valenza economica dei compiti domestici e di cura assunti da ciascun genitore.
L'assegno è automaticamente adeguato agli indici ISTAT in difetto di altro parametro indicato dalle parti o dal giudice.
Ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.”
Nell'affido congiunto perciò, la titolarità della responsabilità genitoriale è comune: entrambi i genitori rappresentano i figli in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Si confronti l’art. 320 cod. civ.
Gli atti di ordinaria amministrazione possono essere compiuti disgiuntamente (art. 320 cod. civ.).
Per le decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. (art. 3337 ter).
Le decisioni di maggiore rilevanza per la vita del minore sono assunte di comune accordo.
L'art. 320 c.c. prevede che "I genitori congiuntamente o quello di essi che esercita in via esclusiva la responsabilità, rappresentano i figli nati e nascituri, fino alla maggiore età o all'emancipazione, in tutti gli atti civili e ne amministrano i beni. Gli atti di ordinaria amministrazione, esclusi i contratti con i quali si concedono o si acquistano diritti personali di godimento possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore. Si applicano, in caso di disaccordo o di esercizio difforme dalle decisioni concordate, le disposizioni dell'articolo 316. [...]"
Le due norme sembrano prevedere due cose opposte ed antitetiche in punto di amministrazione ordinaria, e cioè, da un lato che il giudice può stabilire l’amministrazione disgiunta; dall'altro che l'amministrazione ordinaria è esercitabile disgiuntamente ex lege.
In realtà, l’art. 337 ter prevede che Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente; mentre l’art. 320 si riferisce agli “atti di ordinaria amministrazione”, esclusi i contratti con i quali si concedono o acquistano diritti personali di godimento”.
L’art. 320 riguarda solo i singoli atti e la loro validità ed efficacia esterna rispetto ai terzi, riguardando la norma il regime delle autorizzazioni da parte del giudice tutelare; l'art. 337 riguarda le decisioni sulle questioni di ordinaria amministrazione che comunque, a meno che non sia diversamente stabilito dal giudice, sono comuni ad entrambi i genitori nell'affido condiviso, come le decisioni di maggiore interesse.
Nulla poi esclude che il singolo di ordinaria amministrazione, pur deciso da entrambi, sia assunto - validamente - con firma di un solo genitore. L’art. 337 ter infatti, riguarda la responsabilità genitoriale e la gestione tra i genitori piuttosto che la validità dell’atto. Sarebbe come dire che, l'art. 320 riguarda la validità all'esterno di fronte ai terzi degli atti di ordinaria amministrazione dei soggetti minori; riguarda cioè la rappresentanza; mentre, l'art. 337 ter riguarda la gestione dell'ordinaria amministrazione tra i due coniugi (ha rilevanza interna). Il coniuge ad esempio, che non abbia acconsentito all'atto di ordinaria amministrazione, pure validamente esternato dall'altro coniuge nei confronti dei terzi, ben potrebbe ricorrere al giudice deducendo la violazione dell'art. 337 ter in quanto l'atto (valido) non si è perfezionato con il suo doveroso consenso.
Perciò in conclusione, sarebbe come dire che, se il minore si iscrivesse ad una palestra e, ad iscriverlo fosse unicamente uno dei genitori affidatari, il contratto sarebbe valido ed efficace sotto il profilo civilistico. Dal punto di vista però della ripetizione della spesa, in assenza di regolamentazione specifica, si potrebbe anche dubitare dell’obbligo di rimborso a carico del genitore che avrebbe dovuto decidere dell’atto ma che in realtà non sia stato neppure informato.
Rimane fermo che, in caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice.
E’ evidente che la soluzione dell’affido condiviso, sotto il profilo della gestione, presuppone indubbiamente una adeguata capacità e maturità dei genitori di interagire per venire incontro alle esigenze del minore, nel rispetto della reciproca riservatezza ed autonomia.
E’ reso palese dalla stessa norma che, per adottare limitazioni al diritto e dovere dei genitori di intrattenere con i figli un rapporto continuativo, è necessario dimostrare che da ciò può derivare pregiudizio al minore.
Il preminente interesse del minore, infatti, cui deve essere conformato il provvedimento del giudice, può considerarsi composto essenzialmente da due elementi: mantenere i legami con la famiglia, a meno che non sia dimostrato che tali legami siano particolarmente inadatti, e potersi sviluppare in un ambiente sano (CEDU: Neulinger c. Svizzera, 6.7.2010; CEDU: Sneersone e Kampanella c. Italia, 12.7.2011).
I genitori, comunque, hanno sempre il diritto di chiedere la revisione dei provvedimenti del giudice concernenti l’affidamento dei figli, il collocamento e i tempi di visita e frequentazione e le disposizioni relative alla misura e alle modalità dell’assegno di mantenimento.