E’ noto come la Cassazione nel 2017 abbia mutato il proprio indirizzo interpretativo riguardo ai presupposti per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento all’ex coniuge in sede di divorzio.
L’assegno, come è noto è previsto all’art. 5, comma 6, della l. n. 898 del 1970 -legge sul divorzio -, come sostituito dall'art. 10 della l. n. 74 del 1987, che prevede l'obbligo del coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. Gli elementi che il Tribunale deve tenere in considerazione sono: le condizioni dei coniugi; il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune; il reddito di entrambi; la durata del matrimonio (alla cui luce vanno valutati i precedenti elementi).
Art. 5 comma:”6. Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive. 7. La sentenza deve stabilire anche un criterio di adeguamento automatico dell'assegno, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria. Il tribunale può, in caso di palese iniquità, escludere la previsione con motivata decisione.. 8. Su accordo delle parti la corresponsione può avvenire in unica soluzione ove questa sia ritenuta equa dal tribunale. In tal caso non può essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.”
L'accertamento del diritto all'assegno si articola in due fasi: la prima volta ad accertare in astratto il diritto a percepire l'assegno; la seconda, finalizzata alla sua determinazione in concreto.
La Prima Sezione civile con le sentenze n. 11504 del 10 maggio 2017 e n. 15481 del 22 giugno 2017 ha innanzitutto negato la sopravvivenza, dopo il divorzio, di un rapporto di solidarietà tra coloro i quali sono stati legati da un vincolo matrimoniale.
Secondo tale nuova interpretazione, il giudice del divorzio, richiesto dell’assegno di cui 7, nel rispetto della distinzione del relativo giudizio in due fasi, deve verificare:
A) nella fase dell’an debeatur (fase di verifica sulla spettanza dell'assegno): se la domanda dell’ex coniuge richiedente soddisfa le relative condizioni di legge (mancanza di «mezzi adeguati» o, comunque, impossibilità «di procurarseli per ragioni oggettive»), non con riguardo ad un “tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio”, ma con esclusivo riferimento all’“indipendenza o autosufficienza economica” dello stesso, desunta dai principali “indici” del possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari.
B) nella successiva fase del quantum debeatur (fase di decisione sull'importo): deve considerare tutti gli elementi indicati dalla norma («condizioni dei coniugi», «ragioni della decisione», «contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune», «reddito di entrambi») e valutare «tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio» al fine di determinare in concreto la misura dell’assegno divorzile, sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte, secondo i normali canoni che disciplinano la distribuzione dell’onere della prova.
La novità è nel fatto che precedentemente la fase A) andava a considerare la spettanza dell'assegno in relazione al tenore di vita goduto durante il matrimonio, per cui l'assegno spettava anche al coniuge che avesse goduto di mezzi propri e fosse economicamente autosufficiente qualora però i suoi redditi non fossero tali da fargli godere lo stesso tenore di vita matrimoniale.
Attualmente invece, la verifica sulla spettanza dell'assegno dovrebbe essere condotta sulla base della mancanza di «mezzi adeguati» o, comunque, della impossibilità «di procurarseli per ragioni oggettive» con esclusivo riferimento all’“indipendenza o autosufficienza economica” e non con riguardo ad un “tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio”.
Molti giudici hanno recepito la novità interpretativa, anche se non sono mancate sentenze contrastanti. Le sentenze della Cassazione non sono infatti "vincolanti" per i giudici di primo e secondo grado.
La questione è stata rimessa all'attenzione delle Sezioni Unite.