Azzerare i debiti con il Fisco usando la legge salva suicidi

Azzerare i debiti con il Fisco usando la legge salva suicidi

La legge n. 3 del 27.01.2012 sul sovraindebitamento, anche chiamata «legge salva suicidi» prevede che soggetti privati – consumatori - o piccoli imprenditori che non sono soggetti a fallimento che siano sovraindebitati e cioè che abbiano debiti superiori al loro patrimonio possono invece accedere a procedure similari al concordato preventivo e al fallimento e perciò possono fare accordi con i loro creditori.
Possono attivare la procedura:
il "consumatore", ossia il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale;
l’imprenditore commerciale non soggetto a fallimento o che abbia cessato l’attività da più di un anno. Sono soggetti “non fallibili” ai sensi della Legge fallimentare le persone fisiche e/o società che negli ultimi tre esercizi consecutivi non abbiano superato neanche uno dei seguenti limiti: attivo patrimoniale (da bilancio) superiore ad euro 300.000, ricavi (da bilancio) superiori a 200.000, monte debiti (da bilancio) anche non scaduto superiore ad euro 500.000;
artigiani, professionisti, artisti, lavoratori autonomi, società professionali e soci illimitatamente responsabili di società di persone fallibili;
soci accomandanti di società Sas e soci accomandatari di società Sas non fallibili;  soci di Snc non fallibili, società di capitali definite “non fallibili” ai sensi dell’art. 1 della Legge fallimentare;
enti privati non commerciali quali associazioni e fondazioni riconosciute, organizzazioni di volontariato, associazioni sportive, enti lirici, Onlus, etc;
imprenditori agricoli a prescindere dalle dimensioni dell’azienda;
start up innovative ai sensi della Legge 221/2012.
Il presupposto oggettivo è il sovraindebitamento, vale a dire la situazione di perdurante squilibrio tra le obbligazioni assunte e il patrimonio prontamente liquidabile per farvi fronte, che determina la rilevante difficoltà di adempiere le proprie obbligazioni, ovvero la definitiva incapacità di adempierle regolarmente.
I debiti possono essere di natura personale e debiti di attività commerciali (anche passate) o derivanti dall’attività professionale/imprenditoriale svolta.
La legge prevede alcuni presupposti di ammissibilità:
- Non aver fatto ricorso ad una di queste procedure nei cinque anni precedenti
- Non aver subito, per cause imputabili, annullamento o risoluzione dell’accordo o revoca o cessazione degli effetti dell’omologa
- Aver fornito documentazione che consenta di ricostruire compiutamente la propria situazione economica e patrimoniale.
La legge prevede la possibilità di presentare le seguenti procedure:
- un accordo di composizione della crisi;
- un piano del consumatore
- la liquidazione del patrimonio.
Il consumatore può accedere a tutte queste procedure.
Gli atri soggetti diversi dal consumatore (imprenditori sotto-soglia, liberi professionisti, enti non commerciali, etc.) che hanno contratto debiti durante l'esercizio di impresa e/o professione o debiti misti possono accedere alternativamente solo alle altre due procedure: Accordo da sovraindebitamento e liquidazione dei beni con possibile esdebitazione.
L’accordo ed il piano si presentano con l’ausilio di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC) con compiti e funzioni di collegamento tra creditori e giudice e di attestazione della fattibilità del piano.
L’accordo di composizione della crisi (art.7 ss.) prevede che il debitore proponga al creditore o ai creditori un accordo di ristrutturazione del debito in base ad un piano.
Possono accedervi tutti i soggetti, ma è riservato alle piccole imprese (per il consumatore è più vantaggioso il piano).
La prima fase del procedimento consiste quindi nel depositare presso il Tribunale competente in base alla residenza o sede principale del debitore, una proposta di accordo con i creditori e ristrutturazione dei debiti accompagnata da un piano che contenga la descrizione delle modalità di adempimento della proposta: il debitore elenca tutti i creditori e relative somme dovute, elenca i beni e le modalità con cui intende soddisfare i creditori. Deve anche indicare gli atti di disposizioni effettuati negli ultimi cinque anni, ed allegare le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni.  La proposta può prevedere anche l’apporto di nuova finanza da parte di terzi e/o garanzie rilasciate da terzi.
Il piano deve essere fattibile e la sua fattibilità deve essere attestata dall’OCC.
L'organismo di composizione della crisi, entro 3 giorni presenta la proposta depositata presso il tribunale all'Agenzia delle Entrate  o altro Agente della riscossione e agli enti locali competenti in base al domicilio fiscale del debitore.  A questo punto, il Giudice può riconoscere ulteriori 15 giorni per consentire di apportare integrazioni o nuovi documenti alla proposta. Una volta deposita la proposta, per il tempo del ricorso vengono sospesi gli interessi di mora fatta eccezione per i casi in cui il debito è gravato da ipoteca, pegno o privilegio.
La proposta deve essere sottoposta ai creditori e da questi approvata (occorre il consenso di almeno il 60% dei crediti).  Il consenso deve essere accertato dal Tribunale che omologa l’accordo.
E’ previsto il meccanismo del silenzio-assenso. se entro 10 giorni il creditore non invia la sua dichiarazione è da intendersi il consenso.
L’accordo ha carattere negoziale (è un vero e proprio accordo con i creditori) e perciò è una procedura meno favorevole rispetto al piano.
Piano del consumatore. Se il debitore è un consumatore anziché proporre un accordo ai creditori, può proporre direttamente al giudice, con l’assistenza di un Organismo di composizione della crisi, un piano con i contenuti dell’accordo senza richiedere il consenso dei creditori.
E la procedura più vantaggiosa per le persone fisiche che hanno contratto dei debiti al di fuori della attività imprenditoriale o professionale. Tale procedura, non ha bisogno dell'accordo tra i creditori, perché è il Giudice a decidere anche se la proposta deve essere comunque migliorativa rispetto a quanto i creditori potrebbero ottenere attraverso la liquidazione del patrimonio.
Il consumatore deve depositare una relazione particolareggiata dell’Organismo che permetta al giudice di esprimersi.
Il Tribunale valuta oltre alla fattibilità del piano anche la meritevolezza del consumatore che non deve aver assunto obbligazioni senza la ragionevole prospettiva di poterle adempiere ovvero non deve aver colposamente determinato il sovra indebitamento.
In caso di contestazioni da parte dei creditori, il giudice procederà all'omologazione soltanto se riterrà che il singolo credito possa essere meglio soddisfatto dal piano rispetto a quanto non sarebbe in caso di liquidazione del patrimonio del debitore.
La proposta di accordo o il piano possono avere qualunque contenuto a carattere dilatorio o esdebitatorio. In ogni caso è necessario assicurare il pagamento regolare dei crediti impignorabili.
L’accordo è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla presentazione della proposta.
I crediti muniti di pegno, ipoteca o previlegio (con l'esclusione di determinati crediti tributari e previdenziali, dei quali è possibile la sola dilazione di pagamento) possono non essere soddisfatti integralmente ma deve essere assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile sul ricavato dei beni sui quali insiste la prelazione in caso di liquidazione.
Per quanto riguarda invece la posizione dei creditori rimasti estranei all'accordo proposto dal debitore, il disegno di legge ritiene che siano sufficientemente tutelati dalla valutazione - dell'organismo di composizione della crisi e poi del tribunale - sulla convenienza dell'accordo di ristrutturazione rispetto alla liquidazione dei beni del debitore.
Con il decreto che fissa l’udienza nella procedura di accordo o con il decreto di omologa del piano del consumatore si determinano effetti interruttivi per le azioni esecutive o cautelari e impeditivi di acquisto dei diritti di prelazione.
Il decreto, che è equiparato al pignoramento, viene trascritto se il piano riguarda beni immobili e pubblicato nel Registro Imprese se il soggetto è un imprenditore o artigiano o imprenditore agricolo.
Se devono essere utilizzati beni immobili, il giudice nomina un liquidatore, che provvede alla liquidazione.
Gli atti compiuti in esecuzione del piano non sono soggetti a revocatoria. I pagamenti e gli atti dispositivi di beni posti in essere in violazione dell’accordo e del piano sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori alla proposta del debitore.
L’accordo può essere annullato dal tribunale su istanza di ogni creditore:
- Quando è stato aumentato o diminuito il passivo dolosamente o con colpa grave
- Quando è stata sottratta o dissimulata una parte rilevante dell’attivo
- Quando sono state simulate attività inesistenti.
Ciascun creditore può chiedere al tribunale la risoluzione:
- se il proponente non adempie agli obblighi dell’accordo
- se le garanzie promesse non vengono costituite
- se l’esecuzione dell’accordo diviene impossibile per ragioni non imputabili al debitore.
L'art. 18 del decreto legge 18.10.2012 n. 179 - Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese -, convertito dalla legge 221/2012 ha introdotto anche la procedura alternativa di liquidazione di tutti i beni del debitore, anche se consumatore e subordina al verificarsi di determinate condizioni e a uno specifico giudizio del Tribunale l'effetto di esdebitazione per i crediti non soddisfatti.
Il liquidatore deve essere nominato obbligatoriamente soltanto quando vi siano beni sottoposti a pignoramento – e in tal caso disporrà esclusivamente solo di tali beni – è possibile però attribuirgli maggiori poteri nel piano.
E’ una procedura assimilabile al fallimento perché: - produce un effetto sulla capacità negoziale del debitore (con il decreto di apertura della procedura, che è equiparato al pignoramento, gli atti di disposizione sono inefficaci) - è omnicomprensiva (riguarda tutto il patrimonio, anche beni sopravvenuti) e - prevede modalità di liquidazione competitive, attribuendone i compiti al liquidatore.
Anche in tal caso, all’istanza va allegato un elenco di tutti i beni e una relazione particolareggiata dell’Organismo contenente:
• Cause di indebitamento • Ragioni dell’incapacità di adempiere alle obbligazioni assunte • Resoconto sulla solvibilità del debitore • Se esistono atti del debitore impugnati dai creditori • Giudizio di completezza e attendibilità della documentazione presentata.
Se la domanda soddisfa i requisiti, il giudice dichiara aperta la procedura di liquidazione con decreto con il quale:

  • Nomina un liquidatore – se non è già stato fatto
  • Dispone che non possano essere iniziate o proseguite azioni cautelari o esecutive né acquistati diritti di prelazione sul patrimonio oggetto di liquidazione
  • Ordina, se il patrimonio comprende beni immobili o mobili registrati, la trascrizione del decreto, a cura del liquidatore.
    Il decreto è equiparato al pignoramento.
    Il liquidatore ha l’amministrazione dei beni del patrimonio, forma l’inventario e redige un piano di liquidazione.
    Le vendite e gli altri atti di liquidazione sono effettuati tramite procedure competitive, assicurando con adeguate forme di pubblicità la massima informazione e partecipazione degli interessati.
    Il liquidatore può subentrare nelle procedure esecutive pendenti.
    Anche in tal caso il Tribunale (vale per tutte le procedure) emette un decreto di purgazione dei gravami.
    Questa procedura è utilizzabile anche quando si hanno debiti con il fisco.
    Il Tribunale di Busto Arsizio con il decreto in data 15.09.2014 ha ammesso un consumatore alla procedura anche in presenza del solo creditore Agente per la riscossione.
    Per i tributi che costituiscono risorse proprie della Ue, Iva e ritenute operate ma non versate è possibile solo la dilazione di pagamento non lo stralcio.