Normalmente, l’acquisto di un immobile è preceduto dalla stipula di un preliminare (cd. compromesso).
Il contratto preliminare non trasferisce la proprietà dell’immobile (cioè, tecnicamente non è un contratto ad effetti reali) ma crea semplicemente un obbligo: il venditore (promittente venditore) promette e si obbliga a vendere e l’acquirente (promissario acquirente) si obbliga e promette di acquistare.
Quindi è infatti una promessa di stipulare un futuro contratto che è appunto, il contratto definitivo di compravendita dell’immobile di cui trattasi. Perciò, l’immobile, dopo la stipula del preliminare sarà sempre e ancora nella proprietà del venditore e sarà a questi intestato nei Registri immobiliari. Normalmente il preliminare contiene le condizioni del contratto di compravendita da stipulare e il termine entro il quale le parti si recheranno dal notaio per la stipula.
Il codice civile si limita a disciplinare la forma del contratto preliminare (art. 1351) prevedendo che deve avere la stessa forma del contratto definitivo. Quindi, deve essere stipulato per scrittura privata autenticata da notaio o atto pubblico.
Va ricordato che il d.l. 31 dicembre 1996, n. 669 convertito in l. 28 febbraio 1997, n. 30 ha introdotto l'obbligo della trascrizione per i preliminari (risultanti da atto pubblico o da scrittura privata con sottoscrizione autenticata o accertata giudizialmente) aventi ad oggetto la conclusione di taluni contratti indicati dall'art. 2643 c.c. (tra cui quelli strumentali al trasferimento del diritto di proprietà).
La trascrizione del preliminare è sempre consigliata perché potrebbe accadere che, nonostante il "compromesso”, il venditore venda lo stesso immobile ad altra persona oppure costituisca sullo stesso diritti reali di godimento (per esempio, un usufrutto) o che iscriva un’ipoteca. Oppure l’immobile può essere pignorato dai creditori del venditore. In questi casi, il compratore potrà chiedere al giudice solo il risarcimento dei danni e non l’annullamento della vendita o dell’iscrizione dell’ipoteca né potrà far valere l’anteriorità del compromesso rispetto al pignoramento.
Per evitare di trovarsi in una situazione del genere, la legge prevede la possibilità di trascrizione del preliminare nei registri immobiliari. In tal modo, eventuali vendite dello stesso immobile o la costituzione di altri diritti a favore di terze persone non pregiudicheranno i diritti del compratore.
Sempre il codice civile prevede all'art. 2932 che le parti che hanno stipulato il preliminare, qualora una di esse non voglia adempiere presentandosi avanti al notaio come convenuto, possono adire l’autorità giudiziaria e chiedere al giudice di trasferire il diritto di proprietà sul bene in sostituzione del consenso non prestato dall'altra parte inadempiente.
Importante è, inoltre, la normativa di cui al d. lgs. 20 giugno 2005, n. 122 in tema di immobili da costruire che prevede l’obbligo per il venditore di un immobile da costruire o in costruzione o in ristrutturazione di rilasciare alle persone fisiche che stipulino un contratto che preveda il trasferimento non immediato della proprietà o di altro diritto reale di godimento di rilasciare una garanzia fideiussoria.
La tutela opera anche per coloro che, anche non soci di una cooperativa edilizia, abbiano ottenuto dalla stessa l’assegnazione di un immobile da costruire o in costruzione o in ristrutturazione.
La fideiussione garantisce tutte le somme in denaro ed ogni altro corrispettivo che prima del trasferimento della proprietà del bene il costruttore abbia percepito: se fallisse medio tempore o non terminasse mai la costruzione, le persone acquirenti possono ottenere in restituzione dette somme.
E’ da chiarire che molto spesso acquirente e venditore non sono consapevoli di aver stipulato un preliminare. Normalmente è l’agenzia immobiliare che si occupa di mettere in relazione le parti e si occupa anche delle trattative.
Le trattative si concludono con una proposta di acquisto sottoscritta da colui che intende acquistare, il quale propone al proprietario dell’immobile di venderglielo a determinate condizioni e a un certo prezzo. La proposta è normalmente irrevocabile, con l’effetto che il proponente, fino alla scadenza del termine indicato nella proposta, rimane vincolato e non può tornare sui suoi passi prima della scadenza. Dopo la scadenza normalmente la proposta perde la sua efficacia e quindi non potrà più essere accettata.
La proposta viene portata a conoscenza del venditore che può o meno accettarla.
Se la proposta viene accettata e questa accettazione viene portata a conoscenza del proponente (di solito lo fa l’agente immobiliare) che firma (di nuovo) per presa conoscenza dell’accettazione, il contratto è concluso ed è vincolante per le parti (art. 1326 e ss. c.c.).
Il contratto che così è concluso è proprio il preliminare, cioè la promessa di acquistare e vendere l’immobile.
Chiarito che il preliminare ha effetti obbligatori (promessa di vendere e acquistare), si capisce come si siano potuti avere problemi interpretativi per il caso in cui, in fase di acquisto di un immobile, stipulato il preliminare, l’acquirente scopriva l’esistenza di vizi del bene.
Il problema rinviene dal fatto che il codice civile riconosce la tutela contro i vizi dell’immobile come tutela dell’acquirente e quindi esperibile a rigore, dopo che è stato stipulato il definitivo di compravendita.
I vizi che l’acquirente può scoprire, possono essere di vario tipo: “documentale”, ossia relativi, ad esempio, all'assenza di ipoteche, servitù o pignoramenti che possano pregiudicare i diritti dell’acquirente; ovvero di tipo “catastale /urbanistico”, ossia divergenza tra lo stato di fatto e le planimetrie catastali, mancanza di titoli edilizi e presenza di opere abusive; o vizi sullo stato di fatto dell’immobile, ossia presenza di difetti più o meno gravi.
L’obbligo del venditore è, infatti, quello di fornire un bene immune da vizi ed in regola con le normative urbanistiche vigenti.
In tal caso, se l’acquirente con preliminare riscontrasse la difformità dell’immobile rispetto a quello descritto nel preliminare o la presenza di vizi, e dunque l’inadempimento e la responsabilità contrattuale del venditore, potrebbe recedere dal contratto o agire per la risoluzione del contratto.
Infatti, si applica l’art. 1385 c.c. : “Se al momento della conclusione del contratto una parte dà all'altra, a titolo di caparra una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta. Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente l'altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra ; se inadempiente è invece la parte che l'ha ricevuta, l'altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra. Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare l'esecuzione o la risoluzione del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali”
Quindi, se nel preliminare è prevista una caparra confirmatoria l’acquirente può recedere dal contratto chiedendo il doppio di quanto già versato senza dover provare di aver subito un danno. In tal caso, la dazione del doppio di quanto versato (che però deve essere stato versato e non basta la consegna di un assegno non incassato) è automatica. Non si ha però il risarcimento del danno. Altrimenti, se vuole richiedere il risarcimento del danno che ha subito (se è maggiore del doppio che si ha diritto a ricevere, ma il danno dovrà però essere in questo caso provato), potrà agire per la risoluzione del contratto (art. 1453 c.c.).
E’ chiaro però che la richiesta di risoluzione o il recesso non possono essere contestati solo per mascherare un ripensamento. Dipende quindi dal tipo e gravità dei vizi all'immobile.
Non tutti i vizi, infatti, legittimano l’acquirente ad agire con i predetti rimedi.
Solo nel caso di vizi particolarmente gravi, riguardanti ad es. la struttura dell’immobile, o vizi che possono incidere sulla stabilità dello stesso o sulla possibilità di utilizzarlo nella maniera pattuita, o il mancato rilascio del certificato di abitabilità, Cass. 17.9.2013, n. 21189, si potrà richiedere la risoluzione del contratto e il risarcimento dei danni subiti.
Invece, se si tratta di difetti di minore importanza, e che comunque non incidono sull'effettiva utilizzabilità del bene, l’acquirente potrà chiedere la riparazione del vizio o il risarcimento del danno quantificato in misura corrispondente alla spesa necessaria per ripararlo, o può chiedere la riduzione del prezzo (esercitando la c.d. actio quanti minoris). Il prezzo potrà essere ridotto in misura “pari a quella rappresentante la menomazione che il valore effettivo della cosa consegnata subisce a causa dei vizi, in modo tale da essere posto nella situazione economica equivalente a quella in cui si sarebbe trovato se la cosa fosse stata immune da vizi” (Cass., 21.5.2008, n. 12852).
Comunque, se le parti discutono su chi di loro sia inadempiente, sarà il giudice a decidere in applicazione dell’art. 1460 c.c. effettuando una indagine sulla gravità dell'inadempienza tenendo conto di tutti gli elementi in gioco comparando i comportamenti delle parti.
L'articolo 1460 c.c. viene interpretato nel senso che: "nei contratti a prestazioni corrispettive, qualora una delle parti adduca, a giustificazione del proprio rifiuto di adempiere, l'inadempimento o la mancata offerta di adempimento dell'altra, il giudice deve procedere alla valutazione comparativa dei comportamenti, tenendo conto non solo dell'elemento cronologico, ma anche di quello logico, essendo necessario che vi sia una relazione causale ed adeguatezza tra inadempimento dell'uno e precedente inadempimento dell'altro." (Cassazione 12 Ottobre 2012 n. 17478).
La giurisprudenza ha anche chiarito quale è il termine entro cui devono essere denunciati i vizi.
Nella compravendita, a norma dell’art. dell'art. 1490 c.c., il venditore è tenuto a garantire che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all'utilizzo cui è destinata ovvero ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore.
L’art. 1495 c.c. prevede che il compratore deve denunciare al venditore i vizi entro il termine di decadenza di 8 giorni dalla loro scoperta e deve agire in giudizio entro il termine di prescrizione di un anno dalla consegna.
Questi termini, e l’onere della loro tempestiva denuncia, presuppongono che sia avvenuto il trasferimento del diritto di proprietà (Cass. 11.10.2013 n. 23162).
Secondo la giurisprudenza, in caso di stipulazione di un contratto preliminare di vendita, anche nel caso in cui sia prevista la consegna dell’immobile prima della stipula dell'atto definitivo di vendita, se l’acquirente scopre l’esistenza di vizi della cosa non è necessario il rispetto del termine di decadenza di cui all'art. 1495 cod. civ. per la denuncia dei vizi della cosa venduta. Quindi, qualora il venditore chieda all'acquirente di recarsi dal notaio per la stipulazione del contratto definitivo (e lo diffidi a presentarsi con raccomandata a/r) e di pagare contestualmente il saldo del prezzo, il promissario acquirente può proporre l'exceptio inadimpleti contractus al promittente venditore, e potrà chiedere, a contrario, la risoluzione del preliminare per inadempimento del promittente venditore ovvero la condanna di quest'ultimo ad eliminare a proprie spese i vizi della cosa.
Quindi, in caso di preliminare, anche se l’immobile sia stato consegnato e vi sia stata immissione dell’acquirente nel possesso dell’immobile, non decorrerà alcuno dei termini di cui all’art. 1495 c.c. non essendosi ancora perfezionato il passaggio della proprietà del bene.
La giurisprudenza ha anche statuito che nel caso di preliminare di immobile del quale siano stati scoperti vizi edilizi gravi dei quali il promissario acquirente avesse ignorato l’esistenza al momento della stipulazione del preliminare, si può parlare solo di inadempimento del venditore e non invece di nullità del contratto.
Infatti, in alcuni casi, la legge commina la nullità di atti traslativi di immobili abusivi. Ci sono violazioni della normativa edilizia che non consentono sanatoria. Se la legge ne consentisse la possibilità di trasferimento, allora il venditore ben avrebbe sempre potuto trovare soggetti a cui vendere comunque l’immobile, pur se non in regola con la normativa.
Perciò, la legge 28 febbraio 1985, n.47 all’ art. 40 commina la sanzione della nullità dei contratti di compravendita o costituzione di diritti reali su immobili con vizi insanabili.
Precisamente, la norma prevede che: “Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell'alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell'art. 31 ovvero se agli stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell'avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell'avvenuto versamento delle prime due rate dell'oblazione cui al sesto comma dell'art. 35. Per le opere iniziate anteriormente al 2 settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l'opera risulti iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967. Tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all'atto medesimo”.
Però, nel caso in cui l’immobile abusivo è oggetto del preliminare, secondo la Corte di Cassazione è validamente costituito. Secondo la Corte di Cassazione (Corte di Cassazione - Sezione Seconda Civile, Sentenza 26 aprile 2017, n. 10297), la sanzione della nullità prevista dalla L. 28 febbraio 1985, n. 47, art. 40, con riferimento a vicende negoziali relative ad immobili privi della necessaria concessione edificatoria, trova applicazione nei soli contratti con effetti traslativi e non anche con riguardo ai contratti con efficacia obbligatoria, quale è il preliminare di vendita con il quale le parti si obbligano semplicemente a stipulare in futuro un contratto definitivo.
Ne consegue che, non applicandosi la norma sanzionatoria di cui sopra ai contratti preliminari, anche nel caso in cui questi abbiano ad oggetto un immobile viziato, il vincolo giuridico tra le parti è validamente costituito e il contratto non è nullo. E’ evidente che possa invece essere eccepito l’inadempimento del venditore.