Il pagamento delle spese condominiali già deliberate: a chi spetta il pagamento tra venditore e compratore

Il pagamento delle spese condominiali già deliberate: a chi spetta il pagamento tra venditore e compratore

Normalmente quando si acquista un immobile – magari tramite agenzia immobiliare – il venditore e compratore si occupano della posizione di debito-credito del venditore nei confronti del Condominio solo poco prima del rogito, quando il notaio richiede di produrre l’attestazione dell’amministrazione in merito.
In realtà l’indagine andrebbe fatta già prima della firma del preliminare perché se si scoprissero eventuali debiti con il Condominio, si potrebbe defalcare l’eventuale debito dal prezzo o comunque prevederlo nelle clausole del contratto.  Anche perché la questione più spinosa e di cui mai nessuno si occupa, è chiedere all'amministratore della casa che si sta acquistando, se ci sono delibere assembleare per spese straordinarie già approvate.
In tal caso se l’assemblea abbia ad es. deliberato il rifacimento facciate e i lavori non fossero neppure cominciati e i miglioramenti saranno goduti dal nuovo proprietario, si pone il dubbio se sia giusto che il venditore si sobbarchi di spese magari pure notevoli.
In merito alle spese condominiali, l’art. 63 comma 4 delle disposizioni di attuazione del codice civile prevede che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all'anno in corso e quello precedente.
La legge 11 dicembre 2012 n. 220 di riforma del condominio, ha introdotto il quinto comma dell'art. 63 delle disposizioni di attuazione del codice civile che prevede che chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l'avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all'amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto.
Quindi, in base a questa norma, l'acquirente di un'unità immobiliare condominiale può essere chiamato a rispondere dei debiti condominiali del venditore. Cioè, il debito è solidale: per il condominio entrambi sono debitori; qualora il venditore non paghi, il Condominio potrà rivolgersi all'acquirente.
Qualora però a pagare fosse l’acquirente, egli potrebbe sempre rivalersi sul venditore e chiedere la ripetizione di quanto pagato per suo conto in base alla norma di legge predetta.
Quindi, nel rapporto interno tra venditore e acquirente, se le parti non prevedono diversamente nel contratto (introducendo una deroga), vige il principio della personalità delle obbligazioni, con la conseguenza che l'acquirente risponde soltanto delle obbligazioni condominiali sorte in epoca successiva al momento in cui è diventato condomino, e cioè successiva all'acquisto.
Nel rapporto venditore-acquirente con il Condominio invece, vige il principio della solidarietà dell’obbligazione per ambulatorietà passiva dell’obbligazione per i contributi relativi all'anno (di gestione condominiale, non solare) in corso e a quello precedente; con la conseguenza che, se l’acquirente abbia pagato per dette obbligazioni sorte in epoca anteriore all'acquisto, ha diritto di rivalersi nei confronti del venditore.
Certo, si tratta di una magra consolazione perché, se il venditore avesse avuto soldi avrebbe pagato e il Condominio non si sarebbe dovuto rivolgere all'acquirente. Il rischio concreto è che quanto anticipato non si riesca più a recuperare.
Quanto al pagamento di spese straordinarie per delibere già approvate prima dell’atto di compravendita, la legge non è così chiara.
Sul punto è molto chiara e completa la sentenza della Corte di Cassazione n. 24654 del 3 dicembre 2010: “Occorre premettere che l'alienante e l'acquirente possono liberamente pattuire, nel contratto di compravendita di un piano o di una porzione di piano di un edificio in condominio, su quale delle due parti sia destinato a ricadere l'onere per spese condominiali deliberate ed ancora da eseguire.
In difetto di pattuizione, soccorre la legge.  Sul punto, la giurisprudenza di questa Corte ha dato risposte contrastanti.
Secondo un orientamento, l'obbligo del condomino di pagare i contributi per le spese di manutenzione delle parti comuni dell'edificio deriva, non dalla preventiva approvazione della spesa, ma dalla concreta attuazione dell'attività di manutenzione, e sorge quindi per effetto dell'attività gestionale concretamente compiuta, senza che rilevi la data della delibera di approvazione dell'opera, avente una funzione meramente autorizzativa del compimento di una determinata attività di gestione da parte dell'amministratore (Cass., Sez. 2^, 7 luglio 1988, n. 4467; Cass., Sez. 2^, 17 maggio 1997, n. 4393; Cass., Sez. 2^, 26 gennaio 2000, n. 857; Cass., Sez. 2^, 9 settembre 2008, n. 23345, in motivazione). Pertanto, nel caso di vendita di un appartamento sito in un edificio soggetto al regime del condominio, obbligato al pagamento delle spese è il proprietario nel momento in cui vengono eseguiti i lavori (Cass., Sez. 2^, 18 aprile 2003, n. 6323).
Un altro indirizzo, invece, identifica il momento di insorgenza dell'obbligo con la delibera della spesa da parte dell'assemblea condominiale: il condomino che vende l'immobile di sua esclusiva proprietà è tenuto a contribuire alle spese condominiali deliberate quando era ancora proprietario (Cass., Sez. 2^, 26 ottobre 1996, n. 9366; Cass., Sez. 2^, 2 febbraio 1998, n. 981).
In questa prospettiva, si precisa (Cass., Sez. 2^, 21 luglio 2005, n. 15288) che l'obbligo dei condomini di contribuire al pagamento delle spese condominiali sorge per effetto della delibera dell'assemblea che approva le spese stesse e non a seguito della successiva delibera di ripartizione, volta soltanto a rendere liquido un debito preesistente, e che può anche mancare ove esistano tabelle millesimali, essendo in tal caso l'individuazione delle somme concretamente dovute dai singoli condomini il frutto di una semplice operazione matematica.
Ad avviso del Collegio, la soluzione al quesito di diritto dipende dalla diversa origine della spesa alla quale il condomino deve contribuire.
Può trattarsi: (a) di spesa necessaria alla manutenzione ordinaria, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell'edificio o alla prestazione di servizi nell'interesse comune; (b) di spesa attinente a lavori che comportino una innovazione o che, seppure diretti alla migliore utilizzazione delle cose comuni od imposti da una nuova normativa, comportino, per la loro particolarità e consistenza, un onere rilevante, superiore a quello inerente alla manutenzione ordinaria dell'edificio.
Nel primo caso la nascita dell'obbligazione coincide con il compimento effettivo dell'attività gestionale mirante alla manutenzione, alla conservazione, al godimento delle parti comuni dell'edificio o alla prestazione di servizi nell'interesse comune.
L'obbligo insorge, ex lege, non appena si compia l'intervento nel nome di un'esigenza collettiva apprezzata dall'organo - l'amministratore - nelle cui attribuzioni rientra "erogare le spese occorrenti per la manutenzione ordinaria delle parti comuni dell'edificio e per l'esercizio dei servizi comuni" (art. 1130 c.c., n. 3). Sebbene queste spese siano normalmente precedute dal preventivo annuale approvato dall'assemblea, la loro erogazione effettiva non è mera esecuzione della delibera assembleare: sia perchè per le attività comprese nell'ordinaria gestione condominiale l'appostazione di una somma nel bilancio preventivo ha la mera finalità di convalidare la congruità delle spese che il condominio prevede di dovere sostenere; sia perchè, come si ricava dall'art. 1135 cod. civ., u.c. l'amministratore - almeno in caso di urgenza (come ritiene Cass., Sez. 2^, 18 maggio 1994, n. 4831) o anche al di là di questa ipotesi (secondo l'orientamento seguito da Cass., Sez. 2^, 18 agosto 1986, n. 5068) - deve e può predisporre gli atti e le opere di manutenzione e di esercizio dei servizi comuni anche quando quel preventivo non vi sia e l'assemblea non si sia pronunciata. In questo senso è orientata la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 2^, 21 maggio 1964, n. 1251), quando, da un lato, precisa che "l'obbligo del condomino di pagare al condominio i contributi per le spese di manutenzione delle parti comuni o per l'esercizio dei servizi comuni ... deriva dalla gestione stessa dell'amministratore", e, dall'altro, esclude che possa riconoscersi, in tal caso, valore di titolo esecutivo alla delibera assembleare di approvazione, la quale "ha valore non costitutivo ma meramente dichiarativo".
Diverso è il secondo caso (sub b). Per le opere di manutenzione straordinaria e per le innovazioni, le quali debbono essere preventivamente determinate dall'assemblea nella loro quantità e qualità e nell'importo degli oneri che ne conseguono, la delibera condominiale che dispone l'esecuzione degli interventi assume valore costitutivo della relativa obbligazione in capo a ciascun condomino.
In tal caso, l'obbligo di contribuire alle spese discende, non dall'esercizio della funzione amministrativa rimessa all'amministratore nel quadro delle appostazioni di somme contenute nel bilancio preventivo, ma, direttamente, dalla delibera dell'assemblea.
Ciò si ricava da una pluralità di indici normativi: dall'art. 1104 cod. civ., dettato in materia di comunione ordinaria tale disposizione - imponendo a ciascun partecipante di "contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese deliberate dalla, maggioranza" - fa discendere, in taluni casi (allorchè la spesa importi innovazioni o sia determinata da esigenze di miglior godimento), l'obbligo di contribuzione da una volontà collegiale; dall'art. 1121 c.c., comma 2, che consente innovazioni gravose o voluttuarie insuscettibili di utilizzazione separata quando se ne assumano la spesa i condomini che, costituendo maggioranza, hanno voluto o accettato l'innovazione: in tal caso, appunto, dovrà sobbarcarsene la spesa "la maggioranza dei condomini che l'ha deliberata o accettata", mentre ne sarà esente colui che non ne ha deliberato (e quindi voluto) la realizzazione; dall'art. 1123 cod. civ., il quale, nel disciplinare la misura del contributo dei condomini, prevede, accanto alle spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio e per la prestazione dei servizi nell'interesse comune, quelle per le innovazioni deliberate dalla maggioranza. [..]- Da tanto deriva che, in caso di vendita di un'unità immobiliare in condominio, nel quale siano stati deliberati lavori di straordinaria manutenzione o di ristrutturazione o innovazioni, in mancanza di accordo tra le parti, nei rapporti interni tra alienante ed acquirente è tenuto a sopportarne i relativi costi chi era proprietario al momento della delibera dell'assemblea, sicchè, ove tali spese siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione dell'atto di trasferimento dell'unità immobiliare, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che tali opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente, e l'acquirente ha diritto a rivalersi, nei confronti del proprio dante causa, per quanto pagato al condominio in forza del principio di solidarietà passiva di cui all'art. 63 disp. att. cod. civ.”