L’Imposta sul Valore Aggiunto è un’imposta generale sui consumi, che colpisce solo l’incremento di valore che un bene o un servizio acquista ad ogni passaggio economico (valore aggiunto), a partire dalla fase di produzione fino a quella del consumo del bene o del servizio stesso.
Per effetto di un sistema di detrazione e rivalsa il tributo grava sul consumatore finale del bene o servizio ed è, in linea di principio, neutrale per il cedente o il prestatore dello stesso.
Infatti il soggetto passivo può detrarre l’imposta pagata sugli acquisti dei beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione, dall’imposta addebitata (a titolo di rivalsa) ai propri clienti, acquirenti dei beni o committenti dei servizi prestati.
L’IVA pertanto rappresenta un costo solamente per i soggetti che non possono esercitare il diritto di detrazione e quindi, in generale, per i consumatori finali.
Campo di applicazione dell’Iva
La disciplina dell’Iva, dal punto di vista domestico, è contenuta principalmente in due atti legislativi: - il D.P.R. 26 ottobre 1972, nr. 633; - il D.L. 30 agosto 1993, nr. 331, convertito dalla Legge 29 ottobre 1993, nr. 427 (artt. da 37 a 60) che regola i rapporti intracomunitari – doveva essere un regime transitorio; - il D.L. 23 febbraio 1995, nr. 41 (artt. da 36 a 40 bis) – regime del margine beni usati, oggetti d’arte, antiquariato, collezione.
Le principali fonti comunitarie sono:
- la Direttiva nr. 2006/112/CE (cosiddetta Direttiva “rifusione”);
- la Direttiva nr. 2008/8/CE (sulla territorialità);
- la Direttiva nr. 2008/9/CE (sui rimborsi).
L’articolo 1 del D.P.R. nr. 633/1972 individua il campo di applicazione dell’IVA, distinguendo le operazioni interne dagli acquisiti intracomunitari e le operazioni di importazione.
Invero, le tre categorie hanno dei presupposti differenti, ma per tutte diviene fondamentale il legame con il territorio dello Stato.
Quando si parla di importazioni ci si riferisce all’entrata fisica nel territorio dello Stato di beni, provenienti da Paesi terzi (Paesi extra UE).
Le importazioni sono assoggettate ad IVA indipendentemente dalla qualità soggettiva di chi le pone in essere; pertanto, scontano l’imposta a prescindere dal fatto che siano effettuate nell’ambito di una attività economica (imprenditoriale, artistica o professionale).
Al contrario, lo schema impositivo delle operazioni interne, ed in un certo qual modo quello degli acquisti intracomunitari, si configura in maniera più complessa, richiedendo la presenza contemporanea di tre elementi:
- un elemento soggettivo che comporta che chi pone in essere l’operazione sia necessariamente un imprenditore o un esercente arte o professione;
- un elemento oggettivo, che si concretizza nel fatto che l’operazione deve avere caratteristiche tali da poterla configurare come cessione di beni o prestazioni di servizi;
- un elemento spaziale, rappresentato dalla necessità che l’operazione economica (cessione di bene o prestazione di servizio) sia effettuata nel territorio dello Stato.
Pertanto perché un’operazione economica rientri nel campo di applicabilità dell’IVA è necessaria la contemporanea presenza di tutti e tre i requisiti; la mancanza di uno solo di essi la rende del tutto irrilevante per il tributo.
Da ciò discende che le operazioni economiche possono essere distinte in:
- operazioni escluse dall’IVA;
- operazioni rientranti nel regime dell’IVA
Le prime sono quelle che o per la loro natura o per espressa previsione di legge – si pensi, ad esempio, alle operazioni che il legislatore nazionale considera non costituenti cessioni di beni ovvero prestazioni di servizi (c.f.r.: l’ultimo comma degli articoli 2 e 3 del D.P.R. nr. 633/1972) – mancano di uno dei requisiti sopra descritti e che in ragione di ciò non danno luogo ad adempimenti IVA, salvo ipotesi in cui è richiesto l’assolvimento di taluni obblighi ai fini di cautela fiscale – E’ questo il caso delle cessioni di beni ancora allo Stato terzo (non immessi cioè in libera pratica) custoditi in deposito doganale, ovvero le cessioni di beni in transito per le quali le norme dell’IVA prevedono l’emissione della fattura e il concorso al volume d’affari; allo stesso modo per le prestazioni di servizi generiche rese a committenti comunitari soggetti passivi, sussiste l’obbligo dell’emissione della fattura, pur non rientrando le operazioni nel volume d’affari, e la presentazione degli elenchi riepilogativi delle prestazioni di servizi.
Le seconde, al contrario, presentano tutti e tre i richiesti elementi, per cui sono soggette agli obblighi propri della normativa (fatturazione, registrazione, dichiarazione, etc. etc.), ma possono a loro volta essere suddivise in sottocategorie a seconda che prevedano o meno l’applicazione di un’aliquota IVA.
Tra i presupposti delle operazioni che rientrano nel campo di applicazione dell’IVA, particolare attenzione va attribuita all’elemento della territorialità perché costituisce, tra l’altro, il limite della potestà impositiva di ciascuno Stato e solo con una corretta applicazione dei principi di territorialità si possono evitare i fenomeni di doppia imposizione o di detassazione delle operazioni.
Presupposto oggettivo - Cessioni di beni
Affinché un’operazione integri il presupposto oggettivo dell’IVA deveessere inquadrata tra le cessioni di beni o tra le prestazioni di servizi.
L’articolo 2 identifica le cessioni dei beni e le operazioni ad esse assimilate, escludendone alcune che, pur avendone i requisiti, non vengono considerate cessioni per espressa disposizione legislativa.
Si considera cessione ogni atto a titolo oneroso che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di un bene o il trasferimento di un altro diritto reale di godimento di ogni bene.
La cessione di beni per essere imponibili ai fini IVA devono essere onerose, ossia comportare il pagamento di un corrispettivo ovvero devono avere come controprestazione la cessione di un altro bene o un obbligo di fare, non fare o permettere (permuta tra beni diversi, ovvero permuta di beni contro prestazioni di servizi).
Stabilite le regole, l’articolo 2 prevede poi una serie di operazioni che pur non rispettando i requisiti indicati nel comma 1, sono considerate cessioni agli effetti della disciplina Iva; a questo proposito si parla di “cessioni di beni per espressa previsione di legge”.
Sono tali:
- la vendita con riserva di proprietà; la locazione con patto reciproco vincolante di futura vendita (cosiddetto buy to rent); i contratti di commissione; la cessione gratuita di beni che non rientrano normalmente nell’attività di produzione o di commercializzazione;
- l’assegnazione ai soci con valore antielusivo; l’autoconsumo esterno (è considerata cessione di beni la destinazione di beni all’uso o al consumo personale o familiare dell’imprenditore o degli artisti o professionisti o ad altre finalità estranee all’impresa, arte o professione, anche se determinata da cessione dell’attività).
Sono invece, esplicitamente escluse dall’ambito applicativo dell’imposta, ai sensi del comma 3 dello stesso articolo 2, pur in presenza di tutti i requisiti previsti dal comma 1:
- le cessioni che hanno per oggetto denaro o crediti in denaro (contributi, sovvenzioni senza valore di corrispettivo);
- le cessioni e i conferimenti in società o altri enti, compresi i consorzi e le associazioni o altre organizzazioni, che hanno per oggetto aziende o rami di aziende;
- le cessioni che hanno per oggetto terreni non suscettibili di utilizzazione edificatoria;
- le cessioni di campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati;
- i passaggi di beni in dipendenza di fusioni, scissioni o trasformazioni di società e di analoghe operazioni poste in essere da altri enti;
- le cessioni di valori bollati e postali, marche assicurative e similari;
- le cessioni di beni soggette alla disciplina dei concorsi e delle operazioni a premi.
Presupposto oggettivo - Prestazioni di servizi
L’articolo 3 del D.P.R. nr. 633/1972 individua l’altro presupposto oggettivo dell’imposta: le prestazioni di servizi, stabilendo che costituiscono “prestazioni di servizi quelle rese verso corrispettivo e dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e, in genere, da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere, qualunque ne sia la fonte”.
I caratteri di tali operazioni sono pertanto:
- onerosità: in quanto vengono effettuate verso un corrispettivo. Iinfatti, le prestazioni di servizio, se gratuite, sono escluse dal campo di applicazione dell’Iva;
- contratti tipici: si tratta di un’elencazione meramente esemplificativa, la quale rimanda alla disciplina del Codice Civile;
- prestazioni generiche: l’art. 3 colloca tra le prestazioni di servizi tutto ciò che dipende da un obbligo generico di fare, non fare o permettere, a prescindere dalla fonte;
- dall’articolo in questione si desume un carattere di residualità poiché colloca tra le prestazioni di servizi tutto ciò che non figura tra la cessione dei beni.
Il legislatore elenca poi, al comma 2, alcune operazioni assimilate alle prestazioni di servizi che, in senso tecnico, non sarebbero tali in quanto mancanti di taluni requisiti.
Esse sono: locazione, affitto, noleggio e simili (contratto di leasing); diritti di autore, invenzioni e marchi; prestiti di denaro e titoli non rappresentativi di merci; somministrazioni di alimenti e di bevande; cessioni di contratti, ad eccezione di quelli aventi ad oggetto cessioni di beni non soggette ad Iva, relativi a terreni non edificabili, denaro e crediti in denaro e aziende e rami di aziende; assegnazione ai soci relative a prestazioni di servizi; mandato senza rappresentanza (intermediazione di servizi); prestazioni gratuite alle imprese (a certe condizioni).
Vi sono infine prestazioni di servizi che, sebbene dotate dei requisiti necessari per l’imponibilità ai fini IVA, vengono espressamente escluse dal legislatore:
- cessioni, concessioni, licenze e simili relative ai diritti di autore, effettuate dagli autori e loro eredi o legatari;
- prestiti obbligazionari e relative prestazioni di mandato e di intermediazione;
- cessioni di contratti relativi a: cessioni di denaro; cessioni di conferimenti di aziende o rami di aziende; cessioni di terreni non edificabili;
- conferimenti di servizi;
- prestazioni di mandato e mediazione relative alla cessione dei diritti d’autore da parte degli autori o loro eredi;
- provvigioni del commissionario e dell’intermediario senza rappresentanza;
- prestazioni di servizi spettacolistici in relazione agli accessi gratuiti autorizzati.
Presupposto soggettivo
Perché una cessione di beni o una prestazione di servizi rientri nel campo di applicazione dell’Iva occorre che sia posta in essere nell’esercizio di imprese, arti o professioni.
Una volta differenziate le due figure soggettive ricorrenti nell’Iva, imprenditori da un lato ed artisti e professionisti dall’altro, è possibile esaminare in che termini la normativa abbia caratterizzato ciascuna di esse.
Volendo schematizzare, deve considerarsi esercizio di impresa, ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. nr. 633/1972, l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva delle attività commerciali o agricole di cui agli articoli 2195 e 2135 del codice civile, anche se non organizzate in forma di impresa, nonché l’esercizio di attività, organizzate in forma di impresa, dirette alla prestazione di servizi che non rientrano nell’articolo 2195 del codice civile.
Di converso, non sono imponibili per difetto del presupposto soggettivo, le cessioni o prestazioni di servizi in genere:
- effettuate da persona fisica, al di fuori dell’esercizio professionale di attività commerciale o agricola;
- effettuate senza che costituiscono esercizio di attività commerciale o agricola, da ente pubblico o privato, diverso dalle società commerciali, non avente ad oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole.
L’esercizio di arti e professioni, disciplinato dall’art. 5, del D.P.R. nr. 633/1972, è l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo, intellettuale e non occasionale.
L’abitualità e la professionalità sussistono ogni qualvolta un soggetto pone in essere con regolarità, sistematicità e ripetitività, una pluralità di atti economici coordinati e finalizzati al conseguimento di uno scopo.
Resta esclusa dall’imponibilità ad Iva ogni attività di lavoro subordinato, mentre rientra nell’esercizio di arti e professioni lo svolgimento di ogni attività di lavoro autonomo professionale, tanto da parte di persone fisiche, quanto da parte di società semplici o associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l’esercizio in forma associata delle attività stesse.
Non si considerano effettuate nell’esercizio di arti e professioni e rimangono escluse dal campo di applicazione del tributo, le prestazioni rese sulla base di rapporti giuridici di collaborazione coordinata e continuativa; così come le prestazioni di lavoro effettuate in base a rapporti di associazione in partecipazione che anche ai fini delle imposte sui redditi sono considerate produttive di reddito di lavoro autonomo definito “non professionale”.
Secondo la direttiva CEE, articolo 9, “soggetto passivo” è considerato chiunque esercita, in modo indipendente e in qualsiasi luogo, un’attività economica, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di detta attività.
Si considera “attività economica” ogni attività di produzione, di commercializzazione o di prestazione di servizi, comprese le attività estrattive, agricole, nonché quelle di professione libera o assimilate.
Si considera, in particolare, attività economica lo sfruttamento di un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità.
Presupposto territoriale
Un’operazione è rilevante agli effetti Iva se possiede, congiuntamente al requisito soggettivo e oggettivo, anche quello territoriale.
Non è sufficiente, infatti, che i soggetti passivi d’imposta (articoli 4 e 5 del D.P.R. nr. 633/1972) pongano in essere cessioni di beni o prestazioni di servizi (articoli 2 e 3), è anche indispensabile che le cessioni e le prestazioni siano effettuate (articolo 6) nel territorio dello Stato (artt. da 7 a 7 septies).
Pertanto se sussiste il requisito della territorialità, unitamente agli altri, l’operazione è rilevante agli effetti dell’Iva e, va fatturata, registrata e segue tutti gli altri adempimenti richiesti dalla disciplina del tributo.
Il nuovo articolo 7 nel definire i concetti di territorio non si discosta sostanzialmente dalle regole preesistenti, distinguendo il territorio dello Stato e quello comunitario, rispetto ai quali per esclusione va individuato il territorio extracomunitario.
La delimitazione del territorio dello Stato è finalizzata ad individuare le operazioni che devono considerarsi tassabili in Italia, mentre il territorio della Comunità è diretto a rilevare l’area geografica rispetto alla quale si realizzano le operazioni intracomunitarie; infine è con riferimento al territorio dei Paesi terzi che rilevano i concetti di importazione e esportazione.
Sussistendo, quindi, i tre requisiti sopra descritti, l’operazione è “soggetta” ad Iva.
In mancanza anche di uno solo dei presupposti l’operazione è “esclusa”, “non soggetta”, “fuori campo”, “outside the scope” (Corte di Giustizia – sentenza C-151/13 del 27 marzo 2014, Le Rayon d’or).
Operazioni non imponibili
Sono non imponibili – artt. 8 e 9 della Legge Iva - quelle operazioni alle quali non viene applicata l’imposta, ma restano soggette a tutti gli obblighi di fatturazione, registrazione, dichiarazione, etc etc, che ne consentono la detrazione.
Sono operazioni non imponibili le cessioni all’esportazione, le operazioni ad esse assimilate ed i servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali.
Trattasi, in particolare, di operazioni per le quali “tecnicamente” è escluso il requisito territoriale al solo scopo di affermarne il non assoggettamento al tributo.
Operazioni esenti
Le operazioni esenti – art. 10 della Legge Iva - riguardano una serie di operazioni rientranti nel campo di applicazione dell’IVA e come tali sono soggette all’adempimento degli obblighi di fatturazione e registrazione; ma, come per quelle non imponibili, non comportano l’addebito dell’imposta.
La distinzione tra operazioni esenti e non imponibili è data dalla diversità di regime riguardante la detrazione dell’imposta sugli acquisti.
Le esenzioni sono tassativamente rubricate nell’articolo 10 del D.P.R. nr. 633/1972, ma sono prive di quella giustificazione unitaria indicata per le “operazioni non imponibili” (le quali, sono tutte relative alle esportazioni, o comunque, ai rapporti con l’estero); ciascuna ipotesi di esenzione è dovuta a specifiche ed eterogenee ragioni di tecnica tributaria e di opportunità pratica.
Le principali ragioni che hanno spinto il legislatore all’individuazione di operazioni esenti devono essere ricercate:
- in motivi di carattere sociale che hanno comportato l’esenzione per non gravare, con l’Iva, prestazioni che interessano l’intera collettività (quali servizi di trasporti pubblici, prestazioni sanitarie, scolastiche);
- motivi di carattere fiscale che hanno esonerato dal tributo operazioni già assoggettate ad altro tributo (ad esempio operazioni relative al lotto, alle lotterie nazionali);
- in altri casi motivi economico-commerciali, come ad esempio la vendita di beni che non hanno consentito la detrazione a monte.
Operazioni fuori dal campo di applicazione dell’Iva: operazioni escluse
Si tratta di operazioni non soggette, escluse o fuori dall’ambito di applicazione dell’Iva perché:
- manca uno dei requisiti essenziali previsti dall’articolo 1 del decreto Iva;
- non sono soggette agli obblighi di rilevazione;
- non danno diritto alla detrazione dell’imposta assolta dall’eventuale soggetto passivo, in relazione a beni e servizi acquistati o importati.
Quindi i tre requisiti contemplati dall’articolo 1, oggettivo, soggettivo e territoriale, devono essere insieme e contemporaneamente presenti.
Se manca uno solo di essi, l’operazione è posta fuori campo Iva e, in genere, non è soggetta a nessun obbligo.
Così ad esempio un privato che effettua in Italia una cessione di beni o una prestazione di servizi, non deve adempiere alcun obbligo previsto dalla disciplina dell’Iva perché manca il presupposto soggettivo.
Effettuazione dell’operazione ed esigibilità dell’imposta
Una volta fissati i presupposti oggettivi e soggettivi dell’imposta, il D.P.R. nr. 633/1972 individua, all’articolo 6, il momento in cui un’operazione si considera effettuata.
Recependo la disciplina contenuta nell’art. 10, paragrafo 1, della sesta Direttiva comunitaria nr. 77/388/CEE, è stato introdotto il concetto di “esigibilità” dell’imposta che si affianca a quello di “effettuazione dell’operazione”:
- l’esigibilità si riferisce all’imposta e rappresenta il momento in cui si “materializza” il diritto in base al quale l’Erario può pretendere dal debitore, il pagamento dell’imposta;
- l’effettuazione riguarda invece l’operazione e rappresenta il momento in cui la cessione di beni o la prestazione di servizi si considera compiuta. La determinazione di tale momento è importante perché influisce su:
- la verifica della sussistenza dei requisiti soggettivi, oggettivi e territoriali;
- la determinazione del momento di esigibilità dell’imposta;
- la determinazione dell’aliquota da applicare;
- la determinazione della decorrenza dei termini per la fatturazione, la registrazione, la liquidazione, la detrazione e il versamento del tributo.
Il pagamento riguarda l’imposta e rappresenta il momento in cui il debitore versa materialmente all’Erario l’ammontare dell’imposta.
Il legislatore configura una disciplina che, in via generale, pone l’esigibilità dell’imposta in funzione dell’oggetto dell’operazione.
In particolare distingue tra:
a) cessioni di beni per le quali l’esigibilità dell’imposta e la effettuazione delle operazioni coincidono: gli eventi indicati nei primi quattro commi dell’articolo 6 (consegna, spedizione, fatturazione, pagamento, etc), si verificano contemporaneamente all’esigibilità.
Per individuare il momento impositivo nelle cessioni di beni occorre, tuttavia, distinguere se si tratta di beni immobili o beni mobili.
Per i beni immobili l’imposta diviene esigibile alla stipula del contratto traslativo della proprietà o costitutivo o traslativo di un diritto reale limitato.
Per i beni mobili l’imposta diviene, generalmente, esigibile nel momento della consegna o della spedizione dello stesso. Ciò è dovuto al fatto che l’operazione di cessione si considera effettuata con l’immissione dell’acquirente nella disponibilità della cosa. E’ bene notare che se l’effetto traslativo della proprietà è comunque successivo alla consegna o alla spedizione, il momento impositivo ne risulta condizionato.
b) Prestazioni di servizi. Per le prestazioni di servizi il momento impositivo sorge all’atto del pagamento del corrispettivo, qualunque sia il servizio prestato. Risulta quindi irrilevante, agli effetti Iva, la data di conclusione del relativo contratto, la data della prestazione e quella dell’ultimazione del servizio.
Il regime del margine
Il “regime del margine” è un regime speciale Iva previsto per i “rivenditori di beni usati, di oggetti d’arte, di antiquariato o da collezione”, la cui disciplina è dettata dagli articoli da 36 a 40 del decreto legge nr. 41/1995.
La normativa nazionale recepisce la direttiva 94/5/Ce del Consiglio, del 14 febbraio 1994, adottata nel quadro della realizzazione di un sistema comune Iva.
L’esigenza alla base della disciplina europea e, di riflesso, di quella interna, è “evitare fenomeni di doppia o reiterata imposizione per i beni che, dopo la prima uscita dal circuito commerciale, vengono ceduti a un soggetto passivo d’imposta per la successiva rivendita, con conseguente ulteriore imposizione ai fini Iva, in relazione al prezzo di vendita da questi praticato”.
Dal punto di vista oggettivo, quindi, il regime del margine si applica, essenzialmente, ai “beni usati” ovvero, per usare la terminologia del legislatore europeo, ai “beni di occasione”, vale a dire ai “beni mobili suscettibili di reimpiego, nello stato originario o previa riparazione”.
I soggetti interessati dal regime del margine possono comunque scegliere di applicare le ordinarie regole Iva.
Inoltre, secondo il più recente orientamento giurisprudenziale, il regime de quo non ha natura agevolativa.
Infatti, “anche se va escluso che il regime del margine abbia carattere agevolativo, lo stesso è un regime speciale di assolvimento dell’imposta, per cui è onere di colui che richiede di accedervi provare la effettiva ricorrenza di tutti gli elementi normativamente richiesti, sia oggettivi sia soggettivi” (Cass. Civ. Sent. nr. 3089/2016).
Nell’ambito del regime del margine è assoggettato a Iva il solo utile lordo realizzato dal rivenditore, ovverosia la differenza – “margine” – tra il prezzo di vendita e quello di acquisto, aumentato delle spese di riparazione e di quelle accessorie.
Il regime del margine non è in ogni caso applicabile alle cessioni di beni che il soggetto passivo – rivenditore di beni mobili usati – ha importato in regime normale, assolvendo l’Iva in dogana.
Pertanto, a prescindere dal fatto che i beni siano o meno d’occasione, l’Iva assolta in dogana può essere immediatamente detratta dal contribuente, senza che lo stesso debba attendere la successiva vendita dei beni per operare il recupero dell’imposta.
Il reverse charge
Il reverse charge o inversione contabile è un particolare meccanismo di applicazione dell’imposta sul valore aggiunto in cui l’obbligo dell’imposizione fiscale viene traslato dal venditore all’acquirente.
Il riferimento normativo del reverse charge Iva è rappresentato dall’articolo 17, commi 5 e 6, del D.p.r. nr. 633/1972.
In termini pratici il reverse charge Iva rappresenta quel meccanismo tecnico contabile per effetto del quale:
- il venditore emette fattura senza addebitare l’imposta – come normalmente dovrebbe fare -;
- l’acquirente integra la fattura ricevuta con l’aliquota di riferimento per il tipo di operazione fatturata e, allo stesso tempo, procede con la duplice annotazione nel registro acquisti (fatture di acquisto) e nel registro vendite (fatture emesse).
Si ipotizzi, a titolo di esempio, un’operazione di vendita tra due soggetti nella quale l’acquirente è soggetto passivo dell’imposta (nel senso che soddisfa i tre presupposti soggettivo, oggettivo e territoriale ai fini Iva).
La fattura viene emessa per Euro 1.000,00 con codice esenzione Iva articolo 17.
Il venditore emetterà quindi una fattura senza addebito Iva, in contabilità si registrerà il seguente articolo in partita doppia: credito verso azienda Alfa a ricavi per cessione di beni/prestazioni di servizi.
Il soggetto acquirente, invece, riceverà una fattura di Euro 1.000,00 ma la registrerà con l’Iva, che nel nostro esempio ipotizziamo pari al 22%.
In contabilità l’acquirente registrerà quindi due operazioni: l’acquisto e l’autofattura.
Per l’acquisto redigerà la seguente scrittura in partita doppia: Merci contro acquisti e Iva su acquisti a Fornitore esente Reverse charge Iva.
Per l’autofattura, invece procederà come segue: Cliente per autofattura a Vendite fittizie di merci Iva su vendite.
Come si vede, il soggetto acquirente evidenzia l’Iva, sia in dare che in avere, neutralizzando così l’operazione.
Quest’ultimo addebiterà l’Iva sulla cessione al consumatore finale, il soggetto passivo effettivo dell’imposta.
Il reverse charge Iva ha trovato la sua applicazione originaria e naturale negli ambiti comunitari, anche al fine di evitare le cosiddette “frodi carosello”.
Tuttavia, in Italia, come in altri paesi membri dell’Unione Europea, il reverse charge Iva ha avuto una larga applicazione soprattutto in materia edilizia.
Lo split payment
La legge di stabilità 2015 – Legge 190/2014 – ha introdotto un nuovo regime Iva denominato “split payment” da utilizzarsi a partire dall’1 gennaio 2015 in caso di cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di enti pubblici.
In data 30 gennaio 2015 è stato firmato il Decreto MEF con il quale è stata data attuazione a tali disposizioni.
In particolare il nuovo art. 17 ter del D.P.R. 633/1972 ed intitolato “Operazioni effettuate nei confronti di enti pubblici” fa riferimento a cessioni di beni e prestazioni di servizi nei confronti di: Stato ed altri soggetti qualificabili come organi dello Stato; enti pubblici territoriali e loro consorzi; Camere di Commercio, Artigianato ed Agricoltura; istituti universitari; aziende sanitarie locali; enti ospedalieri; enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico; enti pubblici di assistenza e beneficienza; enti pubblici di previdenza.
Con il regime dello split payment, il prestatore o cedente emetterà fattura con l’annotazione “scissione dei pagamenti” e nelle modalità ordinarie, quindi con la rivalsa dell’Iva; quest’ultima, tuttavia, non verrà incassata dal fornitore bensì versata direttamente all’ente pubblico.
In sede di registrazione della fattura, dunque, l’Iva verrà annotata nel registro Iva vendite ma non ricadrà nella liquidazione periodica.
Lo storno dell’Iva può essere effettuato con una scrittura successiva alla registrazione della fattura, ovvero con apposita scrittura che indichi contestualmente alla registrazione della fattura l’ammontare dell’Iva sia in dare che in avere.
(da Lezioni del Corso di Diritto e Giustizia Tributaria 2016/2017 - Università Statale di Milano - a cura di Avv. Giada Belardinelli, Dott. Mauro Finiguerra, Avv. Giovanni Galla, Avv. Stefano Giambra, Avv. Andrea Migliavacca e Avv. Ramona Tombini)