Ai sensi della legge 76/2016 - cd. legge Cirinnà -, in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni.
Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto.
Nel caso in cui l'appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo o causa di preferenza nelle graduatorie per l'assegnazione di alloggi di edilizia popolare, di tale titolo o causa di preferenza possono godere, a parità di condizioni, i conviventi di fatto.
Durante la convivenza, se la casa che la coppia ha destinato alla coabitazione è di proprietà esclusiva di uno solo, l'altro non vanta diritti sulla stessa, perché considerato un semplice "ospite".
In senso contrario si è espressa la Cassazione con alcune sentenze - sentenze n. 17971/2015; n. 7/2014 e n. 7214/2013 – in caso di controversie con eredi del defunto o proprietari dell’immobile.
Secondo la legge, in caso di decesso, il partner superstite subentra nel contratto di locazione e, se l'immobile era di proprietà del defunto, il superstite – a meno che non erediti l’immobile per testamento -, mantiene il diritto di abitazione per un periodo proporzionale alla durata della convivenza. Se vi sono figli minori nati dalla convivenza ovviamente questi saranno eredi ex lege e quindi non si pone alcun problema poiché il coniuge avrà diritto di abitare l’immobile con i figli.