La durata della locazione commerciale

A norma dell’art 27, L. n. 392/78 la durata delle locazioni di immobili urbani adibiti ad attività industriali, commerciali, artigianali o di interesse turistico non può essere inferiore a sei anni ovvero a nove anni se l'immobile è adibito ad attività alberghiere.
Alla prima scadenza, il contratto stipulato per tale durata minima si rinnova automaticamente per un periodo di tempo equivalente, ad eccezione del caso in cui sussista uno dei motivi indicati all'art. 29 legge 392/78 che impedisce il rinnovo automatico.
La regola del rinnovo automatico del contratto alla prima scadenza non è derogabile dalle parti ed eventuali clausole contrattuali che prevedano diversamente sono nulle. Il diniego alla rinnovazione del contratto alla prima scadenza si esercita mediante l'invio di una disdetta, che deve essere motivata, redatta in forma scritta e inviata mediante lettera raccomandata.
La regola della rinnovazione tacita del contratto alla scadenza trova applicazione anche per gli immobili condotti in locazione da una Pubblica Amministrazione. Per tali contratti infatti, è esclusa solo la rinnovazione tacita del contratto di locazione per “facta concludentia sulla base della semplice permanenza materiale in un immobile per il quale sia intervenuta la scadenza del preesistente contratto - e quindi l’ipotesi riconducibile alla disciplina dell’art. 1597 c.c. – in ragione della necessità della forma scritta ad substantiam che postula che, di regola, la volontà di obbligarsi da parte della P.A. non possa desumersi in via implicita per un mero comportamento, magari omissivo.
Rimane salva tuttavia, la possibilità che la continuazione dell’originario rapporto avvenga in forza di una specifica clausola del contratto precedentemente concluso.  Del resto, il dato normativo è chiaro ed inequivocabile: l’art. 42 della legge 392/78 prevede espressamente che ai contratti di locazione e sublocazione di immobili urbani, fra i quali rientrano quelli stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di conduttori, devono applicarsi i termini di durata di cui all'art. 27, oltre che le disposizioni recate dagli articoli 32 (aggiornamento del canone), 41 (che richiama a sua volta gli articoli da 7 a 11, in materia di spese di registrazione, oneri accessori e deposito cauzionale), nonché le disposizioni processuali (Tit. I Capo III) ed il preavviso per il rilascio di cui all'art. 28.
Partendo dal dato normativo, la giurisprudenza ha ritenuto che ai contratti stipulati dallo Stato sia applicabile integralmente il regime che regola la durata dei rapporti di locazione intercorrenti fra privati, ivi compresa la rinnovazione tacita, perché a contrario, ove volesse considerarsi che non trovi applicazione per gli immobili condotti in locazione da una Pubblica Amministrazione il rinnovo tacito, non si vedrebbe la ragione per la quale sia presente nella norma richiamata il rinvio alla facoltà di dare il preavviso di rilascio.
Per converso, qualora le parti abbiano stabilito una durata del contratto superiore al termine minimo legale, ovviamente il contratto alla scadenza si rinnoverà per un ulteriore periodo della durata minima prevista dalla legge e, nel caso in cui la prima durata sia di dodici anni, è stata considerata «valida la previsione negoziale del rinnovo tacito del contratto per ulteriori sei anni, il quale può essere eventualmente impedito dal diniego per necessità ai sensi dell'art.29 legge 392 del 1978» (Trib. Modena Sez. II, 07/04/2004 in Gius, 2004, 2740).
Le parti rimangono quindi, comunque libere di estendere la durata del contratto anche oltre i termini indicati dalla legge (salvo però il limite trentennale imposto dall'art. 1573 c.c.), ma, qualora nel contratto sia convenuta una durata inferiore o non sia convenuta alcuna durata, la locazione si intende pattuita per la durata prevista dalla legge (ossia 6 o 9 anni).
La stipulazione di un contratto di locazione per una durata inferiore al termine minimo di legge non determina la nullità del contratto, ma l’invalidità della clausola derogativa e di conseguenza l’automatica eterointegrazione del contratto, ai sensi del secondo comma dell’art. 1419 c.c., con l’applicazione della durata minima prevista dalla norma.
Gli unici casi in cui le parti possono perciò validamente stipulare una locazione di durata inferiore a quella “minima” sono rappresentate:
a) dall'ipotesi in cui l’attività commerciale esercitata nell'immobile abbia, per sua stessa natura, un carattere di transitorietà;
b) sia pattuito un canone annuo superiore ad euro 250.000 e trattasi di immobile non qualificato di interesse storico a seguito di provvedimento regionale o comunale.
In altri articoli specifici sono stati trattati il contratto di locazione transitoria e le differenze con il contratto stagionale e i temporary stores, nonché le novità intervenute nel mondo delle “grandi locazioni”.
Qui valga solo notare come non si deve confondere la locazione transitoria con la cd. locazione stagionale. Sono tipologie entrambe previste dall'art. 27 della legge n. 392/1978 quali distinte dalla locazione ordinaria in quanto dirette a soddisfare esigenze particolari.
Il carattere della stagionalità, o della periodicità dell’evento, è però differente dalla transitorietà, per il fatto che l’evento si ripete ogni anno, nello stesso periodo dell’anno. Ad esempio: la stagione estiva in qualche località balneare/montana, la raccolta dell’uva, eventi e fiere ecc.
Secondo quanto stabilito dal comma 6 dell’articolo 27 della Legge 392/1978, se la locazione di tipo non abitativo, o strumentale, ha carattere stagionale, il locatore è obbligato a locare l’immobile, per la medesima stagione dell’anno successivo, allo stesso conduttore che gliene abbia fatta richiesta con lettera raccomandata prima della scadenza del contratto. L’obbligo del locatore ha la durata massima di sei anni consecutivi o di nove se si tratta di utilizzazione alberghiera.