L'approvazione delle transazioni

L’art. 1965, comma 1, cod. civ. definisce "la transazione” come “il contratto col quale le parti facendosi reciproche concessioni, pongono fine ad una lite già incominciata o prevengono una lite che può sorgere tra loro".
In ambito condominiale la transazione delle liti in cui è parte il Condominio, ad esempio tra condominio e uno dei condomini ovvero tra condominio e un terzo, devono essere approvate con delibera dall'assemblea condominiale. Sicuramente sono da approvare dall'assemblea le transazioni sulle spese condominiali.
Infatti, siccome l'assemblea ha il potere di deliberare sulle spese di comune interesse e quindi di concludere i contratti da cui queste discendono, è evidente che alla stessa competa di decidere sulla firma di un contratto finalizzato alla prevenzione ovvero alla chiusura di una lite o controversia, qual è il contratto di transazione: “ l'assemblea dei condomini secondo i principi generali espressi dall'art. 1135 c.c. ha il potere di deliberare su tutto ciò che riguardi le spese d'interesse comune e quindi anche eventuali atti di transazione che a dette spese afferiscono” (Cass. 16 gennaio 2014, n. 821).
Per transarre una lite di competenza dell'assemblea sono sufficienti le stesse maggioranze previste per attivare o resistere a una lite, vale a dire, sia in prima, sia in seconda convocazione, la maggioranza dei partecipanti alla riunione che rappresentino almeno 500 millesimi (art. 1136, quarto comma, c.c.).
La deliberazione assunta con maggioranze inferiori a quelle previste dalla legge è annullabile e come tale impugnabile:
(i) dai presenti, astenuti e dissenzienti, entro trenta giorni dalla data di deliberazione;
(ii) dagli assenti entro trenta giorni dalla data di comunicazione del verbale (cfr. art. 1137 c.c.).
La deliberazione che decide in merito alla transazione, come qualunque altra decisione dell’assemblea (non sospesa e/o annullata dall'Autorità Giudiziaria) è obbligatoria per tutti i condòmini (art. 1137, primo comma, c.c.).
Pertanto, se l’assemblea ha deliberato la transazione di una lite con conseguente ripartizione della spesa tra tutti i condòmini, questi sono obbligati al pagamento della loro quota. In caso di mancato pagamento, l’amministratore può richiedere un decreto ingiuntivo di pagamento in caso di morosità.
Ma non tutte le transazioni possono essere approvate dall'assemblea.
Il principio da adottarsi è che l’assemblea, come visto può approvare le transazioni che abbiano ad oggetto questioni che rientrano nella competenza dell’assemblea medesima.
Al contrario, è invalida la deliberazione che, decidendo sulla transazione di una lite, disponga su questioni che non sono di competenza dell'assemblea.
Secondo la giurisprudenza (cfr. Cass. SS.UU. n. 4806/05), è nulla la deliberazione con la quale il condominio decida in assemblea su diritti reali di godimento, come la servitù, perché riguardante materia estranea alla competenza dell'assemblea che non può decidere su diritti che attengono a ciascun partecipante e non all’ente condominiale.
Di conseguenza, è nulla anche la delibera che “ non aveva ad oggetto una semplice transazione, ma una transazione per effetto della quale il condominio rinunciava a servitù reciproche o acconsentiva alla modifica delle stesse, il che richiedeva il consenso unanime dei condomini (Cass. 30 novembre 2011 n. 25608).
Per cui, per la costituzione consensuale di servitù a carico della proprietà condominiale, in favore di terzi, è necessario il consenso dell’unanimità dei condòmini, in virtù del disposto di cui all’art. 1108, 3° co., c.c., applicabile anche al condominio negli edifici per il rinvio contenuto nell'art. 1139 c.c. alle norme sulla comunione (Cass. 30.3.1993, n. 3865).
Nel caso in cui si versi, invece, nell'ipotesi di costituzione di servitù a favore del condominio, ed a carico del fondo di un terzo, la giurisprudenza ha precisato che va ravvisata non una pluralità di autonome servitù a favore delle unità immobiliari in cui è diviso l’edificio, ma un’unica servitù comune a tutti i partecipanti del condominio, in quanto tale servitù, oltre ad accedere all'intero stabile nel suo complesso, comprensivo dei singoli appartamenti e delle parti comuni, viene esercitata indistintamente da tutti i condòmini nel loro interesse collettivo del quale è espressione il condominio come organizzazione di gruppo (Cass. 1.10.1997, n. 9573).
«Nell'ipotesi di servitù costituita a vantaggio di un edificio condominiale non si hanno tante autonome servitù a favore delle unità immobiliari in cui è diviso l'immobile, ma va ravvisata una sola servitù comune a tutti i partecipanti al condominio, in quanto tale servitù, oltre ad accedere all'intero stabile nel suo complesso, comprensivo cioé dei singoli appartamenti e delle parti comuni, viene altresì, esercitata indistintamente da tutti i condomini nel loro interesse collettivo, del quale è espressione il condominio come organizzazione di gruppo (Cass. 3.7.1979 n. 3756). Conseguentemente per la legittimazione dell'amministratore all'esperimento dell'actio confessoria servitutis in favore del Condominio è sufficiente la autorizzazione dell'assemblea dei condomini (Cass. 25.6.1994 n. 6119), che nella specie risulta concessa per l'intervento del Condominio nel giudizio di primo grado e deve ritenersi operante anche per i gradi di giudizio successivi (Cass. 26.2.1983 n. 1495) e, quindi, anche per la proposizione del ricorso per cassazione» (così testualmente: Cass. civ. Sez. III, 01-10-1997, n. 9573). Pertanto, da ciò dovrebbe concludersi che la costituzione di servitù a favore del condominio rientri nella competenza dell’assemblea condominiale.