Le "Grandi Locazioni"

Oltre alla locazione temporanea, l’altro caso in cui le parti possono validamente stipulare una locazione di durata inferiore a quella “minima” prevista dall'art. 27 della legge 392/1978, riguarda il mercato delle grandi locazioni a uso non abitativo, cioè i contratti per i quali sia pattuito un canone annuo superiore a euro 250 mila euro.
L'articolo 18 del decreto-legge n. 133 del 12 settembre 2014 (cd. decreto ''Sblocca Italia''), convertito nella legge 11 novembre 2014, n. 164, recante "Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attività' produttive", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 262 dell'11 novembre 2014, ha aggiunto all'articolo 79 della legge 27 luglio 1978 n. 392, un terzo comma col quale si prevede, nel testo coordinato con la legge di conversione, che: «In deroga alle disposizioni del primo comma, nei contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, anche se adibiti ad attività alberghiera, per i quali sia pattuito un canone annuo superiore ad euro 250.000, e che non siano riferiti a locali qualificati di interesse storico a seguito di provvedimento regionale o comunale, e' facoltà delle parti concordare contrattualmente termini e condizioni in deroga alle disposizioni della presente legge. I contratti di cui al periodo precedente devono essere approvati per iscritto».
Per effetto di tale previsione dunque, è possibile che le parti inseriscano nei contratti di locazione ad uso diverso dall'abitativo, clausole che incidano sulla durata del contratto, o che attribuiscono un maggior canone al locatore, o che comunque deroghino alle disposizioni della legge 392/1978 ove ricorra il  presupposto di ordine quantitativo basato sull'ammontare dell'importo del canone annuo pattuito, (che deve superare euro 250.000,00), oltre che quello formale costituito dalla “approvazione per iscritto” del contratto.
Pertanto, nelle “grandi locazioni” commerciali possono essere inserite clausole derogative delle prescrizioni "imperative" della legge 392/78 e possono dunque essere oggetto di libera contrattazione tra le parti le clausole su durata minima, rinnovo automatico, prelazioni, recesso per gravi motivi, indennità a fine locazione e indicizzazione e/o aumenti del canone.
Dovranno dunque ritenersi lecite, nelle locazioni stipulate ai sensi dell'articolo 18 del Dl 133/2014, clausole di aggiornamento del canone per rivalutazione monetaria che superino i limiti quantitativi previsti dall'articolo 32 della legge 392/1978 (come modificato dall'articolo 41, comma 16-duodecies lettera a) del Dl n. 207 del 2008, convertito dalla legge 14/2009).
Tale norma difatti, già prevede la liceità di aumenti anche superiori al 75 per cento della variazione Istat, ma solo per le locazioni di durata superiore ai sei o nove anni o per le locazioni stagionali.
Così dovranno considerarsi lecite le clausole di rinunzia del conduttore all'indennità di avviamento commerciale a fine locazione o di rinuncia anticipata del conduttore alla prelazione o a ricevere la denuntiatio, ex articolo 38 della legge 392/1978; ovvero clausole con cui si rinunzi ad esercitare il recesso anche per gravi motivi.
Si deve anche ritenere che la liberalizzazione del mercato delle grandi locazioni commerciali abbia ampliato l'autonomia contrattuale anche in relazione l'ammontare del canone, da considerarsi rimesso alla libera determinazione delle parti sotto ogni profilo. Con ciò dovendosi ormai considerare legittime – per detti contratti - clausole prevedenti il pagamento di somme diverse dal canone o dal deposito cauzionale pretese dal locatore al momento della conclusione del contratto quali quelle cd. di “buona entrata”.
Secondo una consolidata giurisprudenza, in materia di locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da abitazione, resta vietato al locatore di pretendere il pagamento di somme di tal genere in quanto privo di ogni giustificazione nel sinallagma contrattuale, e il relativo patto è nullo ai sensi dell'art. 79 della citata legge perchè diretto ad attribuire al locatore un vantaggio in contrasto con le disposizioni in materia.
Del pari, illegittime vengono considerate quelle pattuizioni concernenti il pagamento di oneri accessori per forniture non effettivamente prestate, «poichè, per il principio di cui alla L. n. 392 del 1978, art. 9, applicabile alle locazioni di immobili adibiti ad uso non abitativo, sono a carico del conduttore le sole spese relative alla fornitura di un servizio goduto dal conduttore per cui, se tale presupposto difetta, mancando ogni sinallagmaticità, non è dovuto alcun corrispettivo per la stessa, nonostante che esso sia previsto in contratto» (Cass. civ. Sez. III, 30/09/2014, n. 20551 (rv. 632407) Vita Notar., 2015, 1, 328).
L'articolo 18 del Dl 133/2014 è entrato in vigore il 13 settembre 2014 e la “liberalizzazione” delle grandi locazioni” commerciali riguarda quindi soltanto i contratti stipulati a far tempo da tale data.
Per esplicita previsione di legge, tali disposizioni - di cui al comma 1 - non si applicano ai contratti in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto 133/2014; mentre, ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della legge di conversione continueranno ad applicarsi ad ogni effetto le disposizioni previgenti.