L'art. 19 del d.l. n. 133/2014, conv. in legge n. 164/2014 (cd. Decreto Sblocca Italia) ha previsto che «la registrazione dell'atto con il quale le parti dispongono esclusivamente la riduzione del canone di un contratto di locazione ancora in essere è esente dalle imposte di registro e di bollo».
La norma non distingue tra locazioni ad uso abitativo e locazioni ad uso commerciale e pertanto, l’esenzione riguarda gli accordi di riduzione del canone perfezionati sia tra privati che tra imprenditori.
Dalla lettura della norma però si potrebbe pensare che la registrazione del patto di riduzione del canone sia obbligatorio. Invero, così non è.
Come è noto, i contratti di locazione aventi durata superiore a trenta giorni devono essere registrati ai fini del pagamento dell'imposta di registro all'agenzia delle entrate (art. 3 d.p.r. n. 131/86). L'art. 17 dello stesso decreto presidenziale specifica che sono soggette a registrazione anche le cessioni, le risoluzioni e le proroghe (pure quelle tacite) dei contratti di locazione.
In applicazione di questa norma si riteneva pertanto non obbligatoria la registrazione degli accordi modificativi o integrativi del contratto di locazione al di fuori delle ipotesi ivi previste.
Per cui, si riteneva non soggetto all'obbligo di registrazione l’accordo – diffuso nelle locazioni commerciali – di riduzione della misura del canone originariamente concordato (soprattutto sconti per periodi limitati).
Anche l’Agenzia delle Entrate aveva precisato con la Risoluzione. n. 60/E/2010, che nel caso in cui le parti del contratto di locazione pattuiscano la riduzione del canone previsto dal contratto, tale accordo, non integrando una delle ipotesi tipiche contemplate dall'art. 17 del DPR 131/86, né un evento che comporti “ulteriore liquidazione dell’imposta” (ex art. 19 del DPR 131/86), non deve essere comunicato obbligatoriamente all'Agenzia delle Entrate.
A contrario però, si deve riflettere sul fatto che un accordo di riduzione del canone determina di fatto la diminuzione della base imponibile ai fini dell’imposta di registro (come pure ai fini delle imposte dirette), e conseguentemente, la corresponsione di una minore imposta.
Del pari, la variazione del canone inciderà anche sulla misura dell’eventuale indennità per la perdita di avviamento dovuta al conduttore al termine della locazione che varierà proporzionalmente.
Ciò senza considerare che in ogni caso la registrazione di una modificazione di una clausola contrattuale, è utile per dare certezza al fatto che quel cambiamento sia successivo al contratto registrato.
Ai sensi dell'art. 2704 c.c. la registrazione presso l'Agenzia delle Entrate conferisce agli atti data certa.
In tali casi, quindi, si farà ricorso alla registrazione volontaria degli atti non soggetti a registrazione di cui all'art. 7 d.p.r. n. 131/86 con conseguente pagamento (i) dell'imposta di registro nella misura fissa di € 67,00 (nota II, art. 5 della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986); (ii) dell’imposta di bollo nella misura di € 16,00 per ogni foglio riguardante il nuovo accordo (art. 2, della Tariffa del D.P.R. n. 642/1972).
Pertanto, essendo la registrazione dell’accordo modificativo della misura del canone non obbligatoria ma facoltativa scattava il conseguente obbligo di pagamento delle imposte di registro e di bollo.
L'art. 19 del d.l. n. 133/2014, conv. in legge n. 164/2014 (cd. Decreto Sblocca Italia) ha in ultimo stabilito che «la registrazione dell'atto con il quale le parti dispongono esclusivamente la riduzione del canone di un contratto di locazione ancora in essere è esente dalle imposte di registro e di bollo».
Le disposizioni di cui all'art. 19 non fanno alcuna distinzione tra locazioni ad uso abitativo e locazioni ad uso commerciale e pertanto, l’esenzione riguarderà anche gli accordi di riduzione del canone tra imprenditori.
Rimane fermo che tutti gli altri accordi integrativi e/o modificativi di altre clausole di contratti vigenti non sono soggetti all'obbligo di registrazione e che, al fine dell’attribuzione della data si possa ben ricorrere a validi metodi alternativi alla registrazione, tra i quali, il timbro postale e la marcatura temporale, con un risparmio sia dell’imposta di registro che dell’imposta di bollo.
Quanto all'ipotesi in cui le parti si accordino invece per un aumento del canone, la clausola, convenuta in corso di rapporto sarebbe sanzionata di nullità ai sensi del combinato disposto dell’art. 32 e 79 L. 392/78, per cui l"aggiornamento del corrispettivo non può aver luogo in termini quantitativamente superiori.
Ovviamente, ai fini che ci riguardano, trattandosi di evento che darebbe “luogo ad ulteriore liquidazione di imposta”, la registrazione si renderebbe obbligatoria.
Si tenga conto che sono valide le clausole apposte nei contatti di locazione di immobili ad uso commerciale (perciò trattasi di accordi convenuti fin dal momento della stipula), con cui si prevede di aumentare progressivamente il canone di locazione fino a giungere al corrispettivo pattuito (c.d. aumenti a scaletta o step rent), purché fissate alla firma del contratto e sulla base di elementi oggettivi e predeterminati tali da far escludere l"intento elusivo di una norma imperativa di legge (art.32 L.392/1978), la cui violazione, ai fini della nullità del patto, va allegata e dimostrata da chi intende avvalersene (in tal senso Cass. 22909 /2016 e 6474/2017).
In dette clausole viene concordato il canone in misura differenziata e crescente per frazioni successive di tempo nell'arco del rapporto, prevedendosi il pagamento di un canone inferiore giustificato dalla necessità di eseguire lavori di manutenzione o personalizzazione a carico del conduttore negli immobili o per favorire l’avviamento commerciale dell’azienda del conduttore i quest’ultimo fino ad arrivare poi a quello definitivo o a regime, di importo superiore a quello di partenza.
Invece, è nullo il patto aggiunto successivo alla stipula del contratto di locazione che modifichi in aumento la misura del canone, anche se detto patto venga redatto per iscritto e registrato.
La Suprema Corte aveva già espresso tale principio per le locazioni abitative (Cassazione Sezioni Unite 18213/2015): il negozio successivo alla stipulazione del contratto di locazione a uso abitativo che comporta un aumento del canone è nullo ai sensi dell’articolo 13, comma 1, della legge 431/98. La nullità riguarda solo il patto aggiunto, mentre il negozio originario resta valido ed efficace. Stesso identico principio si applica ai contratti di locazione ad uso commerciale, come statuito dalla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 23601/2017.