Le coppie legate da vincolo matrimoniale possono separarsi quando la convivenza tra i partners non è più proseguibile.
Il procedimento di separazione può essere: di fatto (i coniugi si separano senza formalità alcuna), oppure consensuale oppure giudiziale.
Nel caso di separazione consensuale c’è un accordo tra i coniugi sulle condizioni della separazione; nel caso di separazione giudiziale è il Tribunale che decide le condizioni tra quelle che i coniugi – con i rispettivi avvocati – propongono.
La separazione non fa venir meno lo status di coniuge, cioè la separazione non pone fine definitivamente al rapporto matrimoniale, ma ne sospende gli effetti nell'attesa di una riconciliazione o di un provvedimento di divorzio. Ciò ad es. significa che in caso di decesso di uno dei coniugi dopo la separazione, l'altro coniuge separato eredita.
La separazione in pratica incide solo su alcuni obblighi tipici del matrimonio: i coniugi non hanno più l'obbligo di convivenza o di fedeltà e la separazione scioglie il regime di comunione dei beni (se quello era il regime patrimoniale prescelto).
Per converso resistono ancora gli obblighi di mantenimento del coniuge, di partecipazione alla gestione della famiglia e di educazione della prole.
Se c’è l’accordo tra i coniugi, oltre a separarsi in Tribunale, dal 11 novembre 2014 è possibile anche separarsi:
- avanti all'Ufficiale dello Stato Civile;
- con una convenzione stipulata con la sola assistenza di due avvocati, esclusa la comparizione avanti a qualsiasi altro organo.
Di seguito sono descritte tutte queste procedure.
Cinque tipi di separazioni
I cinque modi/procedimenti per separarsi sono:
1) La Separazione consensuale: presuppone che i coniugi abbiano raggiunto un accordo sulle condizioni della separazione che riguardano essenzialmente:
(i) l’assegnazione della casa famigliare (solo se ci sono figli minori);
(ii) l’assegno di mantenimento per il coniuge (se ricorrono i presupposti);
(iii) l’affidamento dei figli, rapporti con i figli, diritto di visita e contributo al loro mantenimento;
(iv) eventuale divisione dei beni in comunione. La divisione dei beni non è materia di competenza del giudice della separazione, per cui, se i coniugi non abbiano raggiunto alcun accordo in merito, a rigore potrebbero separarsi consensualmente e riservare a futura regolamentazione (e/o ad una futura causa) tale aspetto.
Le parti devono proporre ricorso in carta semplice alla cancelleria del tribunale del luogo di residenza o domicilio di uno dei due coniugi.
In teoria il ricorso può essere redatto personalmente dai coniugi, ma per la delicatezza della procedura e per le importanti conseguenze di tipo patrimoniale e personale, in alcuni tribunali è richiesto l’ausilio di un legale.
Nella domanda devono essere indicati:
- il tribunale al quale è rivolta la domanda
- le generalità dei coniugi
- i motivi per cui si chiede la separazione (in realtà si inserisce la formula di rito: è venuta meno la comunione materiale e spirituale tra i coniugi e la stessa non è più ricostruibile)
- gli accordi presi per la divisione beni e se ci sono figli minorenni, le condizioni per l'affidamento e per il loro mantenimento.
Alla domanda vanno allegati il certificato di matrimonio; certificato di residenza e stato di famiglia di entrambi i coniugi.
Dopo la presentazione del ricorso i coniugi:
- dovranno comparire in udienza avanti al Presidente del Tribunale o al giudice da questi designato. Attenzione: il decreto di fissazione dell’udienza di comparizione può prescrivere il deposito di documenti (dichiarazioni dei redditi)
- devono presentarsi entrambi all'udienza.
Dopo l’udienza il Tribunale omologa la separazione, cioè la approva. I coniugi potranno richiedere in Cancelleria copia del decreto di omologa della separazione.
2) La separazione giudiziale: la procedura è contenziosa, cioè manca un accordo tra i coniugi e quindi ogni coniuge con un proprio avvocato farà valere le proprie domande in un processo, una causa avanti ad un giudice e che avrà durata di molte udienze e che può anche durare anni.
Attenzione! Molto spesso non si trova l'accordo tra i coniugi perché si litiga per la divisione di beni mobili o immobili o perchè uno dei coniugi pretende la restituzione di somme. Invece, tutte queste domande non possono essere ammesse nel giudizio promosso per la separazione - o anche per il divorzio -.
Queste domande devono essere fatte valere in cause/giudizi separati e non sono di competenza del giudice della separazione o del divorzio.
Se introdotte nel giudizio di separazione, il giudice dichiarerà che non sono ammesse domande non direttamente connesse alla materia del contendere ("separazione personale") e come tali le dichiarerà inammissibili, non potendo coesistere la trattazione cumulata delle cause sottoposte a riti diversi.
Come ha affermato la giurisprudenza del Tribunale di Milano (Tribunale di Milano, Sez. IX civ., 20 marzo 2009, n. 3862; Tribunale di Milano, Sez. IX civ., 11 marzo 2009, n. 3318) "è inammissibile la domanda proposta nel procedimento di separazione personale, volta a ottenere: il risarcimento del danno non patrimoniale o patrimoniale; la divisione di beni; la restituzione di somme o denaro; etc. Invero l'art. 40 c.p.c. stabilisce la possibilità del cumulo nello stesso processo di domande connesse soggette a riti diversi solo in presenza di ipotesi qualificate di connessione. In particolare il comma 3 della richiamata norma disciplina la trattazione congiunta nei casi previsti dagli artt. 31, 32, 34, 35 e 36 e prevede la trattazione con rito ordinario, salva l'applicazione del rito speciale in caso di controversia di lavoro o previdenziale. È pertanto esclusa la proposizione di domande connesse soggettivamente ex art. 33 o ai sensi degli artt. 103 e 104 c.p.c. e soggette a riti diversi; ed è di conseguenza esclusa la possibilità di un sìmultaneus processus nell'ambito dell'azione di separazione - soggetta al rito speciale - con quella di scioglimento della comunione, restituzione di beni, pagamento di somme o risarcimento del danno - soggetta al rito ordinario, trattandosi di domande non legate dal vincolo della connessione, ma del tutto autonome e distinte dalla domanda principale" (v. anche Tribunale di Milano, Sez. IX civ., 10 febbraio 2009, n. 1767).
3) La separazione di fatto: in questo caso i coniugi cessano la convivenza tra loro – si separano di fatto -, ma tale situazione non è legalizzata attraverso il procedimento di separazione consensuale o di separazione giudiziale e quindi la separazione sarà priva di effetti giuridici.
4) Convenzione di negoziazione assistita: presuppone che i coniugi abbiano raggiunto un accordo sulle condizioni della separazione che riguarderanno essenzialmente gli stessi oggetti della separazione consensuale: assegnazione della casa famigliare (solo se ci sono figli minori); l’assegno di mantenimento per il coniuge; l’affidamento dei figli, rapporti con i figli, diritto di visita e contributo al mantenimento; divisione dei beni in comunione.
I coniugi devono essere assistiti da almeno un avvocato per ciascuno (art. 6 legge 162/2014).
La convenzione può contenere patti di trasferimento patrimoniale.
La convenzione di negoziazione assistita è un accordo mediante il quale le parti risolvono in via amichevole una controversia; in pratica è una scrittura firmata da entrambe le parti che poi il legale trasmette in tribunale per ottenere il “nulla osta” del pubblico ministero.
Dopo la stipula della convenzione, infatti, sono necessari l’autorizzazione o il nullaosta del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale competente, previa verifica della assenza di irregolarità e/o della rispondenza dell’accordo all'interesse dei figli a seconda che vi siano o meno figli minori o maggiorenni economicamente non autosufficienti, o maggiorenni incapaci o portatori di handicap.
La stessa procedura di convenzione può essere stipulata non solo per la separazione consensuale, ma anche per la: - modifica delle condizioni di separazione o divorzio;
cessazione degli effetti civili o scioglimento del matrimonio (divorzio).
- 5) La separazione avanti all'Ufficiale dello stato civile del Comune di residenza di uno dei due coniugi o del Comune presso cui è iscritto o trascritto l’atto di matrimonio (art. 12, legge 162/2014).
Presuppone sempre l’accordo dei coniugi sulle condizioni della separazione.
E’ possibile utilizzare questa procedura solo in assenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell’art. 3, comma 3, legge 104/92 ovvero economicamente non autosufficienti. Attenzione: nessuno dei due coniugi deve avere figli minori, ecc. neanche da altre unioni.
L’accordo non può contenere patti di trasferimento patrimoniali.
I coniugi si devono recare in Comune. L’assistenza del legale è facoltativa.
La stessa procedura in Comune può essere stipulata non solo per la separazione consensuale, ma anche per la: - cessazione degli effetti civili o scioglimento del matrimonio (divorzio)
- modifica delle condizioni di separazione o divorzio.