Tasse sulla casa: stipula dell’atto di compravendita

Le imposte da pagare quando si compra una casa variano a seconda che il venditore sia un “privato” o un’impresa e l’acquisto venga effettuato in presenza o meno dei benefici “prima casa”.
Si esamina innanzitutto il caso di acquisto di un’abitazione da un’impresa effettuato senza l’applicazione delle agevolazioni “prima casa”.
Se il venditore è un’impresa, la regola generale è che la cessione è esente da Iva (vedi Circolare Agenzia delle entrate 28 giugno 2013 n. 22/E par. 5.1 e 5.2).
In questo caso, quindi, l’acquirente dovrà pagare:

  • l’imposta di registro in misura proporzionale del 9%
  • l’imposta ipotecaria fissa di 50 euro
  • l’imposta catastale fissa di 50 euro.
    Come già visto sopra in tema di preliminare, l’Iva si applica in specifici casi che costituiscono eccezione al regime di esenzione – art. 10 n. 8 bis dpr. 26.10.1972 n. 633 -:
    - alle cessioni effettuate dalle imprese costruttrici o di ripristino dei fabbricati entro 5 anni dall'ultimazione della costruzione o dell’intervento oppure anche dopo i 5 anni, se il venditore sceglie di assoggettare l’operazione a Iva (cd. reverse charge; la scelta va espressa nell'atto di vendita o nel contratto preliminare);
    - alle cessioni di fabbricati abitativi destinati ad alloggi sociali, per le quali il venditore sceglie di sottoporre l’operazione a Iva (anche in questo caso, la scelta va espressa nell'atto di vendita o nel contratto preliminare).
    Di conseguenza, le cessioni infraquinquennali effettuate dalle imprese costruttrici o di ripristino del fabbricato ceduto permangono imponibili per obbligo di legge, mentre invece, oltre il quinquennio, le stesse cessioni sono soggette al regime “naturale” di esenzione, tranne che l’impresa cedente (imprese costruttrici o di ripristino all’atto della cessione) opti per l’applicazione dell’Iva.
    In questi casi di eccezione al regime di esenzione l’acquirente dovrà pagare:
  • l’Iva al 10% (per le cessioni e gli atti di costituzione di diritti reali di case di abitazione (anche in corso di costruzione) classificate o classificabili nelle categorie catastali diverse da A/1, A/8 e A/9 cioè non aventi le caratteristiche di abitazioni di lusso, qualora non sussistano i requisiti per fruire delle agevolazioni “prima casa”,
  • ovvero l’Iva al 22% per le cessioni e gli atti di costituzione di diritti reali aventi a oggetto immobili aventi le caratteristiche di abitazioni di lusso classificati o classificabili nelle categorie A/1, A/8 e A/9.
    Quando il trasferimento è soggetto ad Iva, in virtù dell’applicazione del principio di alternatività tra imposta di registro ed Iva, l’imposta di registro va pagata in misura fissa e non proporzionale.
    Oltre all'Iva nella misura sopra detta, l’acquirente dovrà pagare:
  • l’imposta di registro fissa di 200 euro
  • l’imposta ipotecaria fissa di 200 euro
  • l’imposta catastale fissa di 200 euro
    Quando la vendita della casa è soggetta a Iva, la base imponibile su cui calcolare l’Iva (10% o 22% a seconda dei casi) è costituita dal prezzo della cessione.
    Se l’importo del prezzo indicato nell'atto di cessione (e nella relativa fattura) è diverso da quello effettivo e c’è un accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate con liquidazione della maggiore imposta dovuta, l’acquirente, anche privato (cioè non soggetto Iva) è responsabile in solido con il venditore per il pagamento dell’Iva sulla differenza tra il prezzo effettivo accertato e quello indicato, nonché della relativa sanzione.
    L’acquirente, soggetto privato, può regolarizzare la violazione versando la maggiore imposta dovuta entro 60 giorni dalla stipula dell'atto. Dovrà inoltre presentare all'Agenzia delle Entrate, entro lo stesso termine, una copia dell’attestazione del pagamento e delle fatture regolarizzate.
    Se il venditore è un privato, l’acquirente è tenuto al pagamento:
    - dell’imposta di registro proporzionale del 9%
    - dell'imposta ipotecaria fissa di 50 euro
    - dell'imposta catastale fissa di 50 euro.
    In ogni caso (acquisto da impresa o acquisto da privato), le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono versate dal notaio al momento della registrazione dell’atto.
    Sia quando si compra da un’impresa in esenzione dall'Iva sia quando si compra da un privato, l’imposta di registro proporzionale non può comunque essere di importo inferiore a 1.000 euro. Tuttavia, l’importo effettivamente da versare potrebbe risultare inferiore per effetto dello scomputo dell’imposta proporzionale già versata sulla caparra quando è stato registrato il contratto preliminare.
    La legge prevede un particolare meccanismo per determinare la base imponibile delle imposte di registro, ipotecaria e catastale quando questa è dovuta in misura proporzionale (quindi per le vendite non assoggettate ad Iva): il sistema del “prezzo-valore”.
    Questo criterio, introdotto nel 2006 dà molti beneficio all'acquirente si applica:
    - dal punto di vista oggettivo, agli immobili ad uso abitativo e relative pertinenze sia se acquistate con i benefici “prima casa” sia in assenza di tale ultimo beneficio;
    - dal punto di vista soggettivo, alle compravendite in cui entrambe le parti sono “privati” e nelle cessioni fatte a persone fisiche da parte di venditori non soggetti Iva (associazioni, fondazioni e simili) e in quelle fatte, sempre a persone fisiche, da società o imprese in regime di esenzione Iva. Si applica cioè alle vendite assoggettate all'imposta di registro in misura proporzionale (quindi sono escluse quelle soggette a Iva) in cui l’acquirente sia una persona fisica che non agisce nel'’esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali. Per cui ad es. non è ammesso per l’acquisto dello studio da parte di un professionista.
    E’ necessario però che:
  • l’acquirente richieda esplicitamente al notaio, all’atto della compravendita, l’applicazione del sistema del prezzo-valore;
  • le parti indichino nell’atto l’effettivo importo pattuito per la cessione.
    In applicazione di tale sistema, l’imposta di registro proporzionale del 9% si calcola sul valore catastale e non sul prezzo effettivo della compravendita dichiarato in atto.
    Il valore catastale dei fabbricati a uso abitativo (diversi dalla “prima casa”) si determina moltiplicando la rendita catastale (rivalutata del 5%) per il coefficiente 120 (=rendita catastale x 1,05 x 120).
    E’ chiaro che se il prezzo sia superiore al valore catastale, l’acquirente ha un notevole risparmio.
    Inoltre, l’acquirente ha altri notevoli vantaggi:
  • l’Agenzia delle Entrate non può procedere ad accertamento di valore ai fini dell’imposta di registro, salvo i casi di occultamento in tutto o in parte del prezzo pattuito;
  • non trovano applicazione le norme sull'accertamento ai fini Irpef in base a presunzioni semplici;
  • la legge prevede una riduzione del 30% degli onorari da pagare al notaio.
    Le imposte da pagare sono ridotte quando l’acquisto viene effettuato in presenza dei requisiti “prima casa”.
    Le agevolazioni “prima casa” si applicano quando:
  • l’abitazione che si acquista deve appartenere a una delle seguenti categorie catastali: • A/2 (abitazioni di tipo civile) • A/3 (abitazioni di tipo economico) • A/4 (abitazioni di tipo popolare) • A/5 (abitazioni di tipo ultra popolare) • A/6 (abitazioni di tipo rurale) • A/7 (abitazioni in villini) • A/11 (abitazioni e alloggi tipici dei luoghi). Sono esclusi i benefici per le categorie: A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (abitazioni in ville) e A/9 (castelli e palazzi di eminenti pregi artistici e storici).
    L’immobile deve trovarsi:
  • nel comune in cui l’acquirente ha (o intende stabilire) la residenza. Se residente in altro comune, entro 18 mesi dall’acquisto l’acquirente deve trasferire la residenza in quello dove è situato l’immobile. La dichiarazione di voler effettuare il cambio di residenza deve essere contenuta, a pena di decadenza, nell’atto di acquisto.
  • nel territorio del comune in cui l’acquirente svolge la propria attività (anche se svolta senza remunerazione, come, per esempio, per le attività di studio, di volontariato, sportive)
  • nel territorio del comune in cui ha sede o esercita l’attività il proprio datore di lavoro, se l’acquirente si è dovuto trasferire all’estero per ragioni di lavoro
  • nell’intero territorio nazionale, purché l’immobile sia acquisito come “prima casa” sul territorio italiano, se l’acquirente è un cittadino italiano emigrato all’estero. La condizione di emigrato può essere documentata attraverso il certificato di iscrizione all’AIRE o autocertificata con dichiarazione nell’atto di acquisto.
    Le imposte da versare quando si compra con i benefici “prima casa” sono:
    (a) se il venditore è un privato o un’impresa che vende in esenzione Iva
    − imposta di registro proporzionale nella misura del 2%
    − imposta ipotecaria fissa di 50 euro
    − imposta catastale fissa di 50 euro
    (b) se si acquista da un’impresa, con vendita soggetta a Iva:
    − Iva ridotta al 4%
    − imposta di registro fissa di 200 euro
    − imposta ipotecaria fissa di 200 euro
    − imposta catastale fissa di 200 euro
    Gli atti assoggettati all'imposta di registro proporzionale e tutti gli atti e le formalità necessari per effettuare gli adempimenti presso il catasto e i registri immobiliari sono esenti dall'imposta di bollo, dai tributi speciali catastali e dalle tasse ipotecarie.
    Anche quando si acquista con i benefici “prima casa”, se la vendita è soggetta a Iva, la base imponibile su cui calcolare l’imposta sul valore aggiunto (diminuita al 4%) è costituita dal prezzo della cessione, mentre le imposte di registro, ipotecaria e catastale si pagano in misura fissa (200 euro ciascuna).
    Se la vendita non è soggetta ad Iva ma a pagamento dell’imposta di registro proporzionale, anche se si acquista con i benefici “prima casa” si può chiedere l’applicazione del sistema del prezzo-valore. In questo caso, il valore catastale si determina moltiplicando la rendita catastale (rivalutata del 5%) per il coefficiente 110 (anziché 120).
    Dal 1° gennaio 2016, i benefici fiscali sono stati estesi anche al contribuente che è già proprietario di un immobile acquistato con le agevolazioni prima casa, a condizione però che la vecchia casa  sia venduta entro un anno dal nuovo acquisto.
    Nell'atto di acquisto del nuovo immobile in regime agevolato (compravendita, atto di donazione o dichiarazione di successione) deve risultare l’impegno a vendere l’immobile già in proprietà entro un anno. Se questo non avviene, si perdono le agevolazioni usufruite per l’acquisto del nuovo immobile e, oltre alla maggiori imposte e ai relativi interessi, si dovrà pagare una sanzione del 30%.
    Il contribuente che, dopo l’acquisto, si rende conto di non poter rispettare l’impegno di vendere il  vecchio immobile, potrà proporre apposita istanza all'ufficio dell’Agenzia presso il quale è stato registrato l’atto da presentare entro l’anno dal nuovo acquisto. Il contribuente dichiarerà l’impossibilità di vendere e richiederà la riliquidazione dell’imposta dovuta e il calcolo dei relativi interessi da pagare, con ciò evitando la sanzione.
    Le agevolazioni “prima casa” non spettano quando si acquista un’abitazione sita nello stesso comune in cui si è già titolare di altro immobile acquistato senza fruire dei benefici.
    Perciò, i benefici “prima casa” possono essere persi e, di conseguenza, si dovranno versare le imposte “risparmiate”, gli interessi e una sanzione del 30% delle imposte stesse nei casi in cui:
  • le dichiarazioni previste dalla legge nell’atto di acquisto sono riscontrate false
  • l’abitazione è venduta o donata prima che siano trascorsi 5 anni dalla data di acquisto, a meno che, entro un anno, non si riacquisti un altro immobile, anche a titolo gratuito, da adibire in tempi “ragionevoli” a propria abitazione principale. Il requisito del riacquisto non è soddisfatto quando si stipula, entro l’anno dalla vendita del primo immobile, soltanto un compromesso, poiché con questo tipo di contratto non si trasferisce il bene,
  • non si sposta la residenza nel comune in cui si trova l’immobile entro 18 mesi dall’acquisto
  • entro l’anno dall’acquisto del nuovo immobile non viene venduto quello già in proprietà acquistato con le agevolazioni “prima casa”.
    Se all'atto della compravendita, non è stata richiesta l’applicazione della regola del prezzo-valore, o nei casi in cui per legge, non sia applicabile, l’Agenzia delle Entrate può procedere all’“accertamento di valore”, rideterminando la base imponile su cui calcolare le imposte dovute.
    L’Agenzia per procedere all'eventuale rettifica, mette a confronto il prezzo - valore di vendita dichiarato nell'atto con i seguenti parametri:
  • il reddito netto di cui l’immobile è suscettibile, capitalizzato al tasso mediamente applicato a detta data e nella stessa località per gli investimenti immobiliari, per esempio, il valore del canone di locazione (criterio della capitalizzazione)
  • i valori risultanti dai trasferimenti a qualsiasi titolo, dalle divisioni e perizie giudiziarie, anteriori di non oltre tre anni alla data dell'atto (o a quella in cui se ne produce l'effetto traslativo o costitutivo), che abbiano avuto per oggetto gli stessi immobili o immobili di analoghe caratteristiche e condizioni (criterio comparativo)
  • ogni altro elemento di valutazione, anche sulla base di indicazioni eventualmente fornite dai comuni. Tenendo conto di questi criteri, se l’Ufficio ritiene che l’immobile acquistato ha un valore di mercato superiore a quello dichiarato o al corrispettivo pattuito, procede a rettifica e liquida la maggiore imposta dovuta con interessi e sanzioni.
    Il contribuente che riceva un avviso di rettifica e liquidazione e che ritiene l’accertamento non corretto ha 60 giorni di tempo dalla data in cui l’avviso è stato notificato per poterlo impugnare proponendo ricorso alla Commissione provinciale competente (cioè quella del capoluogo della provincia in cui ha sede l’ufficio che ha emesso l’atto).
    Nell'atto notificato devono essere indicate tutte le informazioni utili per far valere le proprie ragioni.
    Se il valore dell’avviso non è superiore a 20.000 euro, il ricorso produce anche gli effetti di un reclamo e può contenere una proposta di mediazione (in tal modo, si avvia una fase amministrativa, della durata di 90 giorni, entro cui deve svolgersi e concludersi il procedimento finalizzato al riesame dell’atto impugnato e alla valutazione, da parte dell’amministrazione, dell’eventuale proposta di mediazione. Se non si raggiunge un accordo con l’ufficio, il giudizio prosegue dinanzi alla Commissione tributaria provinciale).
    Il contribuente può anche presentare istanza di accertamento con adesione all'ufficio che ha emesso l’atto. In questo modo è possibile dialogare in contraddittorio con l’amministrazione, fornendo tutti gli elementi utili alla rideterminazione del valore accertato. L’istanza di accertamento con adesione sospende il termine per la presentazione del ricorso per un periodo di 90 giorni.
    Va anche dato conto che si può anche presentare istanza di annullamento in autotutela all'ufficio che ha emesso l’atto, ma l’istanza non sospende i termini per la presentazione del ricorso e di norma, l’ufficio che ha emesso l’atto non procederà al suo annullamento.