La disciplina della “vendita dei beni di consumo” (precedentemente contenuta, negli artt. 1519-bis. ss. c.c.) è contenuta nel Codice del consumo (artt. 128-135). Questo non vuol dire che si tratti di una tipologia “speciale” di vendita di beni mobili, perché anzi, la disciplina è generale, con esclusione della applicabilità ai beni immobili. Infatti, non si applica solo alla compravendita ma anche ai contratti di somministrazione, di appalto, di opera, di permuta, e più in generale a tutti i contratti finalizzati, secondo la prescrizione comunitaria, alla fornitura di beni da fabbricare o produrre quando detti contratti abbiano per oggetto beni di consumo.
Così come pure la disciplina della garanzia per vizi introdotta è d’ordine generale e non particolare.
Le disposizioni sulle garanzie nella vendita di beni di consumo ha carattere imperativo ai sensi dell’art. 134, co. 1, cod. cons.: “È nullo ogni patto, anteriore alla comunicazione al venditore del difetto di conformità, volto ad escludere o limitare, anche in modo indiretto, i diritti riconosciuti dal presente capo. La nullità può essere fatta valere solo dal consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice”.
L’art. 134, co. 3, prevede altresì la nullità di “ogni clausola contrattuale che, prevedendo l’applicabilità al contratto di una legislazione di un paese extracomunitario, abbia l’effetto di privare il consumatore della protezione assicurata dal presente paragrafo, laddove il contratto presenti uno stretto collegamento con il territorio di uno Stato membro dell’Unione europea”.
L’art. 128 cod. cons. precisa innanzitutto a livello definitorio, quale sia l’ambito di applicazione della normativa:
- per beni di consumo s’intendono qualsiasi bene mobile, tranne i beni oggetto di vendita forzata o comunque venduti secondo altre modalità dalle autorità giudiziarie; l’acqua e il gas, quando non confezionati per la vendita in un volume delimitato o in quantità determinata; l’energia elettrica;
- per venditore, s’intende “qualsiasi persona fisica o giuridica pubblica o privata che, nell’esercizio della propria attività imprenditoriale o professionale, utilizza i contratti di cui al comma 1”;
- per garanzia convenzionale ulteriore, s’intende “qualsiasi impegno di un venditore o di un produttore, assunto nei confronti del consumatore senza costi supplementari, di rimborsare il prezzo pagato, sostituire, riparare, o intervenire altrimenti sul bene di consumo, qualora esso non corrisponda alle condizioni enunciate nella dichiarazione di garanzia o nella relativa pubblicità”;
- per riparazione, s’intende “nel caso di difetto di conformità, il ripristino del bene di consumo per renderlo conforme al contratto di vendita”.
L’art. 129 cod. cons. prevede, anzitutto, che il venditore ha l’obbligo di consegnare al consumatore beni conformi al contratto. La conformità è presunta se coesistono le seguenti circostanze:
a) i beni sono idonei all'uso al quale servono abitualmente beni dello stesso tipo;
b) sono conformi alla descrizione fatta dal venditore e possiedono le qualità del bene che il venditore ha presentato al consumatore come campione o modello;
c) presentano la qualità e le prestazioni abituali di un bene dello stesso tipo, che il consumatore può ragionevolmente aspettarsi, tenuto conto della natura del bene e, se del caso, delle dichiarazioni pubbliche sulle caratteristiche specifiche dei beni fatte al riguardo dal venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante, in particolare nella pubblicità o sull’etichettatura;
d) sono altresì idonei all’uso particolare voluto dal consumatore e che sia stato da questi portato a conoscenza del venditore al momento della conclusione del contratto e che il venditore abbia accettato anche per fatti concludenti.
La disposizione con un “se pertinenti” intende escludere la necessità della ricorrenza sempre di tutte le circostante potendosi presentare casi in cui ne ricorrano solo alcune.
Il difetto di conformità che deriva alla installazione dei beni (quando vengono forniti beni installati o assemblati) ai sensi dell’art. 129, co. 5, cod. cons., “è equiparato al difetto di conformità del bene quando l’installazione è compresa nel contratto di vendita ed è stata effettuata dal venditore o sotto la sua responsabilità. Tale equiparazione si applica anche nel caso in cui il prodotto, concepito per essere installato dal consumatore, sia da questo installato in modo non corretto a causa di una carenza delle istruzioni di installazione”. Si tratta di una indicazione molto importante per la vendita di computers, device, informatica.
In relazione alle “dichiarazioni pubbliche” sulle caratteristiche specifiche dei beni fatte al riguardo dal venditore, dal produttore o dal suo agente o rappresentante, in particolare nella pubblicità o sull’etichettatura, il venditore non è vincolato se, in via alternativa, possa dimostrare che:
1) ignorava la dichiarazione e non poteva conoscerla con l’ordinaria diligenza (si pensi alle dichiarazioni rese da un agente all’insaputa della Casa mandante);
2) la dichiarazione è stata corretta al più tardi al momento della conclusione del contratto ed il consumatore ne era a conoscenza;
3) la dichiarazione non ha influenzato la decisione di acquisto del consumatore.
Nel caso di dichiarazione corretta successivamente, la formulazione richiede che le correzioni siano adeguate sotto il profilo del contenuto sia che tali correzioni siano state rese conoscibili al consumatore, trattandosi di due profili sostanzialmente diversi, l’uno riguardante l’oggetto delle dichiarazioni, l’altro la possibilità di percezione da parte dei destinatari del messaggio pubblicitario originario.
Il difetto di conformità non si riscontra se, al momento della conclusione del contratto, il consumatore lo conosceva o non poteva non conoscerlo con l’ordinaria diligenza. Il difetto, altresì, non rileva se sia stato causato dal consumatore stesso con istruzioni o con materiali da lui forniti al venditore. In quest’ultimo caso è evidente il riferimento al contratto d’opera o d’appalto.
L’art. 130 cod. cons., rubricato “Diritti del consumatore”, stabilisce, al co. 1, che il venditore “è responsabile» per «per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene”.
Lo stesso articolo stabilisce poi i diritti del consumatore:
a) diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione;
b) diritto alla riduzione adeguata del prezzo;
c) qualora i sopra previsti due diritti siano impraticabili, diritto alla risoluzione del contratto, ad eccezione del caso in cui il difetto di conformità, non risolvibile con la riparazione o la sostituzione, sia di lieve entità (restando possibile solo la riduzione del prezzo).
La scelta sulla riparazione o sostituzione spetta al consumatore a condizione che una delle due non sia oggettivamente impossibile o eccessivamente onerosa rispetto all’altra.
La scelta operata dal consumatore si considera eccessivamente onerosa qualora, rispetto all’altra possibilità, imponga al venditore spese irragionevoli, tenendo conto:
a) del valore che il bene avrebbe se non vi fosse difetto di conformità;
b) dell’entità del difetto di conformità;
c) dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore.
Le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo termine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene.
Dalla consegna del bene sostitutivo opera su quest’ultimo, una nuova garanzia, per cui il consumatore può pretendere una nuova sostituzione ovvero la riparazione anche di quest’ultimo.
Il consumatore può richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni:
a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;
b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo sopra descritto;
c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.
Nel determinare l’importo della riduzione o la somma da restituire si tiene conto dell’uso del bene.
Il venditore può indicare un altro “rimedio” per ripristinare la conformità del bene qualora il consumatore, dopo la denuncia del difetto di conformità, non abbia effettuato alcuna scelta.
Il venditore, ad esempio, potrebbe offrire un diverso bene rispetto a quello oggetto del contratto del quale è stato riscontrato un difetto di conformità. Il consumatore può accettare o respingere la soluzione offerta dal venditore scegliendo un altro rimedio tra quelli previsti.
L’art. 130 testualmente recita:
Il venditore e’ responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene.
2. In caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione, a norma dei commi 3, 4, 5 e 6, ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto, conformemente ai commi 7, 8 e 9.
3. Il consumatore può chiedere, a sua scelta, al venditore di riparare il bene o di sostituirlo, senza spese in entrambi i casi, salvo che il rimedio richiesto sia oggettivamente impossibile o eccessivamente oneroso rispetto all’altro.
Ai fini di cui al comma 3 è da considerare eccessivamente oneroso uno dei due rimedi se impone al venditore spese irragionevoli in confronto all’altro, tenendo conto:
a) del valore che il bene avrebbe se non vi fosse difetto di conformità;
b) dell’entità del difetto di conformità;
c) dell’eventualità che il rimedio alternativo possa essere esperito senza notevoli inconvenienti per il consumatore.
Le riparazioni o le sostituzioni devono essere effettuate entro un congruo ternine dalla richiesta e non devono arrecare notevoli inconvenienti al consumatore, tenendo conto della natura del bene e dello scopo per il quale il consumatore ha acquistato il bene.
Le spese di cui ai commi 2 e 3 si riferiscono ai costi indispensabili per rendere conformi i beni, in particolare modo con riferimento alle spese effettuate per la spedizione, per la mano d’opera e per i materiali.
7. Il consumatore puo’ richiedere, a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni:
a) la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;
b) il venditore non ha provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma 5;
c) la sostituzione o la riparazione precedentemente effettuata ha arrecato notevoli inconvenienti al consumatore.
Nel determinare l’importo della riduzione o la somma da restituire si tiene conto dell’uso del bene.
Dopo la denuncia del difetto di conformità, il venditore può offrire al consumatore qualsiasi altro rimedio disponibile, con i seguenti effetti:
a) qualora il consumatore abbia gia’ richiesto uno specifico rimedio, il venditore resta obbligato ad attuarlo, con le necessarie conseguenze in ordine alla decorrenza del termine congruo di cui al comma 5, salvo accettazione da parte del consumatore del rimedio alternativo proposto;
b) qualora il consumatore non abbia gia’ richiesto uno specifico rimedio, il consumatore deve accettare la proposta o respingerla scegliendo un altro rimedio ai sensi del presente articolo.
Un difetto di conformità’ di lieve entità’ per il quale non e’ stato possibile o e’ eccessivamente oneroso esperire i rimedi della riparazione o della sostituzione, non da’ diritto alla risoluzione del contratto.
(1) Articolo così modificato dal decreto legislativo 23 ottobre 2007, n. 221.
L’art. 132 cod. cons. stabilisce i termini per l’esercizio dei diritti da parte del consumatore.
Il venditore è responsabile quando il difetto di conformità si manifesta entro il temine di due anni dalla consegna del bene. Salvo prova contraria, si presume che i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene esistessero già a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità. Nel caso di beni usati, le parti possono limitare la durata della responsabilità di cui all’art. 132, co. 1, ad un periodo di tempo in ogni caso non inferiore ad un anno.
II consumatore decade dalla possibilità di esperire i “rimedi” previsti dall’art. 130 se non denuncia al venditore il difetto di conformità entro il termine di due mesi dalla data in cui ha scoperto il difetto. La denuncia non è necessaria se il venditore ha riconosciuto l’esistenza del difetto o l’ha occultato.
Una volta effettuata la denuncia, il consumatore deve esercitare l’azione entro 26 mesi dalla consegna del bene. Nel caso in cui il consumatore sia convenuto per l’esecuzione del contratto, questi può far valere i suddetti diritti, purché il difetto di conformità sia stato denunciato entro due mesi dalla scoperta e prima della scadenza del termine di prescrizione dell’azione.
Il venditore finale, infine, ai sensi dell’art. 131, ha il diritto di regresso, quando il difetto di conformità sia imputabile ad una azione o ad una omissione del produttore, o di un precedente distributore.
L’art. 131 stabilisce le condizioni per il diritto di regresso del venditore, nei confronti dei suoi danti causa nella catena distributiva, qualora il difetto di conformità, di cui ha reso indenne il consumatore, sia imputabile ad una azione od omissione “del produttore, di un precedente venditore della medesima catena contrattuale distributiva o di qualsiasi altro intermediario”.
L’azione è possibile entro un anno da quando il venditore ha ottemperato ai rimedi esperiti dal consumatore, fatto salvo patto contrario o rinuncia.
L’art. 133 cod. cons. prevede la disciplina della garanzia convenzionale. La dichiarazione relativa a tale garanzia deve almeno indicare:
a) la specificazione che il consumatore è titolare dei diritti previsti dagli artt. 128 ss.;
b) che la garanzia medesima lascia impregiudicati tali diritti;
c) l’oggetto della garanzia e gli elementi essenziali necessari per farla valere, compresi la durata e l’estensione territoriale della garanzia, nonché il nome o la ditta e il domicilio o la sede di chi la offre.
In sostanza si tratta di garanzia commerciale aggiuntiva. E' prescritto che deve risultare chiara la differenza con quella legale per cui deve essere indicata la tutela “ordinaria” del consumatore.
La garanzia accessoria deve essere esplicitata in modo chiaro e comprensibile nonché essere redatta in lingua italiana con caratteri non meno evidenti di quelli di eventuali altre lingue.
Le “garanzie” nella vendita dei beni trovano applicazione anche nel caso in cui la vendita avvenga attraverso internet.
La disciplina contenuta nel Codice tutela maggiormente il consumatore contrapponendosi a quella prevista dal codice civile, poiché fa riferimento a “difetti” riferentisi ad elementi soggettivi e non solo oggettivi.
Le garanzie classiche nella vendita sono previste infatti dal codice civile.
L’art. 135, co. 2 del cod. cons. prevede che per quanto non previsto dal Codice del consumo in ordine alle garanzie nella vendita di beni di consumo “si applicano le disposizioni del codice civile in tema di contratto di vendita”.
Anche il codice civile prevede infatti che il venditore è obbligato a garantire “che la cosa venduta sia immune da vizi che la rendano inidonea all’uso a cui è destinata o ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore” (art. 1490 c.c.). Si tratta della garanzia per i vizi e difetti del bene.
I vizi e difetti devono sussistere già al momento della conclusione del contratto, anche se possono manifestarsi o scoprirsi solo successivamente (ma solo come conseguenza di una causa preesistente).
I vizi sono perciò imperfezioni materiali che incidono sul valore o sulle possibilità di utilizzazione della cosa, dipendenti da anomalie dovute al processo di fabbricazione o di conservazione.
Il compratore può chiedere la risoluzione del contratto, ovvero la riduzione del prezzo in relazione alla diminuzione del valore del bene a causa dei vizi in esso presenti. Può inoltre chiedere il risarcimento dei danni se il venditore ha agito con dolo o colpa, ossia conoscendo o potendo conoscere, con l’ordinaria diligenza, i difetti del bene.
La garanzia non è dovuta, ai sensi dell’art. 1491 c.c., se il compratore conosceva i vizi della cosa già al momento della conclusione del contratto o qualora i vizi stessi fossero facilmente riconoscibili, salvo, in quest’ultima ipotesi, che il venditore abbia dichiarato che la cosa era esente da vizi, così inducendo in inganno il compratore.
Si considerano vizi facilmente riconoscibili quelli individuabili a prima vista o che non presuppongono particolari sforzi di diligenza o specifiche conoscenze tecniche per individuarli.
La garanzia copre anche i vizi cd. occulti, cioè quei vizi non facilmente riconoscibili da parte del compratore al momento della conclusione del contratto. L’acquirente deve denunciarli al venditore entro otto giorni dalla scoperta, salvo diverso termine stabilito eventualmente dalle parti o dalla legge (art. 1495, co. 1, c.c.). L’azione per fare valere la garanzia per vizi si prescrive nel termine di un anno.
La denuncia non è necessaria quando il venditore ha riconosciuto l’esistenza del vizi oppure li abbia occultati (art. 1495, co. 2, c.c.).
Il riconoscimento, da parte del venditore, dei vizi della cosa “può avvenire anche tacitamente, mediante il compimento di atti incompatibili con l’intenzione di respingere la pretesa del compratore o di far valere la decadenza, e cioè se il venditore provvede ad effettuare riparazioni a mezzo di propri tecnici oppure si offre di riparare o sostituire la cosa venduta, poiché con tali comportamenti mostra di aver accettato la denunzia del compratore senza porre alcuna questione in ordine alla sua tempestività e di aver ritenuto suo obbligo procedere all’eliminazione dei vizi, riconoscendo implicitamente, ma chiaramente, che la denuncia del compratore era fondata”.
Altre garanzie che il venditore ha l’obbligo di prestare sono:
-la garanzia per mancanza delle qualità promesse o essenziali (art. 1497 c.c.) nel caso in cui la cosa venduta non presenti le qualità promesse ovvero quelle essenziali per l’uso a cui è destinata, purché il difetto di qualità ecceda i limiti di tolleranza stabiliti dagli usi. L’acquirente ha diritto ad ottenere la risoluzione del contratto secondo le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento.
La distinzione rispetto ai vizi e difetti è nel fatto che questi ultimi attengono alle imperfezioni ed ai difetti inerenti il processo di produzione, fabbricazione, formazione e conservazione della cosa, mentre la mancanza di qualità è inerente alla natura della merce, e concerne tutti quegli elementi essenziali e sostanziali che, nell’ambito del medesimo genere, influiscono sulla classificazione della cosa in una specie piuttosto che in un’altra (si tratta di elementi che esprimono la funzionalità, l’utilità, il pregio della cosa).
Quest’ultima situazione – specialmente per la “promessa” delle qualità di un prodotto – ha notevole rilevanza negli acquisti on line, laddove il bene potrebbe essere pubblicizzato e “presentato” in modo tale da ingenerare un affidamento sulle sue qualità.
La disciplina del diritto alla risoluzione del contratto spettante al compratore in caso di mancanza delle qualità promesse o essenziali è identica rispetto a quella prevista per i vizi, ad eccezione del fatto che le disposizioni generali sulla risoluzione per inadempimento presuppongono - a differenza dall’ipotesi della risoluzione per vizi – l’accertamento della colpa del venditore inadempiente.
L’esercizio dell’azione è soggetta agli stessi termini di decadenza e prescrizione, e la giurisprudenza ammette la possibilità di agire anche con l’azione di riduzione e quella - autonoma - di risarcimento del danno. La “lamentela” sulla mancanza di qualità, a differenza della presenza di un vizio, non prevede la possibilità di richiedere la riduzione del prezzo.
Diversa dalla garanzia per i vizi e per la mancanza di qualità è l’ipotesi della consegna di aliud pro alio cioè consegna di una cosa per altra, che si ha quando viene consegnato un bene completamente diverso da quello pattuito, ovvero “quando la cosa venduta presenti difetti che le impediscono di assolvere alla sua funzione naturale o a quella concreta assunta come essenziale dalle parti, facendola degradare in una sottospecie del tutto diversa da quella dedotta in contratto”.
In questo caso il compratore è tutelato con l’ordinaria azione di risoluzione (non soggetta ai termini di decadenza e prescrizione di cui all’art. 1495 c.c.) ovvero, alternativamente, con l’azione di esatto adempimento.
L’art. 1512 c.c. prevede che possa anche essere convenuta la “garanzia di buon funzionamento” della cosa: “se il venditore ha garantito per un tempo determinato il buon funzionamento della cosa venduta, il compratore, salvo patto contrario, deve denunziare al venditore il difetto di funzionamento entro trenta giorni dalla scoperta, a pena di decadenza. L’azione si prescrive in sei mesi dalla scoperta. Il giudice, secondo le circostanze, può assegnare al venditore un termine per sostituire o riparare la cosa in modo da assicurarne il buon funzionamento, salvo il risarcimento dei danni. Sono salvi gli usi i quali stabiliscono che la garanzia di buon funzionamento è dovuta anche in mancanza di patto espresso”.
Le tutele e garanzie del Codice del Consumo sono invece ben maggiori anche, e non solo, relativamente ai termini (la garanzia è prestata per due anni).
Il Codice del Consumo disciplina anche la “garanzia” per i danni “da cosa difettosa”.
Ai sensi del codice civile – art. 1494, co. 2, c.c.- il venditore deve risarcire al compratore i danni derivati dai vizi della cosa (azione da esercitare nei termini previsti dall’art. 1495 c.c.). Il risarcimento riguarda il danno subito dalla persona del compratore ovvero dalle cose diverse da quella acquistata a causa dei difetti di quest’ultima.
Qualora il compratore intenda chiedere il risarcimento direttamente al produttore – e non al venditore – per danni cagionati dai difetti del prodotto dovrà agire ex art. 2043 c.c., e cioè chiedendo il risarcimento per illecito extracontrattuale, per il quale vale la prescrizione di cinque anni, ai sensi dell’art. 2947 c.c.
L’azione è, ovviamente, extracontrattuale poiché tra acquirente e produttore non si è mai instaurato un rapporto contrattuale.
Il Codice del consumo, su tale fronte offre al danneggiato una più energica tutela, consentendogli di agire per il risarcimento del danno da prodotto difettoso direttamente contro il produttore, senza dover dimostrare (come nel caso dell’azione per illecito extracontrattuale) la responsabilità di quest’ultimo, ma semplicemente provando il danno, il difetto e la connessione causale tra questi. Spetterà invece al produttore provare i fatti che escludono la sua responsabilità.
Il danno risarcibile si estende alla morte, alle lesioni personali ed alla distruzione o deterioramento di una cosa diversa dal prodotto difettoso, purché di tipo normalmente destinato all’uso o consumo privato e così principalmente utilizzata dal danneggiato (art. 123 cod. cons.).
Per il danno a cose l’azione è esperibile per il risarcimento che ecceda la somma di 387 euro. Per le somme inferiori si attiverà l’azione ex art. 2043 c.c. (ovvero si desisterà dall’agire).